Recensione: Time is Running
La storia dell’heavy metal in questi ultimi lustri ha assistito a quella sorta di “a volte ritornano” per un notevolissimo numero di band, fenomenologia che di fatto ha destato spesso più rumore e maggiore interesse delle uscite in modalità, per così dire, classica.
I Witchunters da Modena esistono dal 1982 – nulla hanno a che vedere con i Witch Hunters di Pavia, quelli di Cry of the Moon del 1991 – e fino a poco tempo fa l’unica loro prova ufficiale risaliva al 1994, quando vide la luce …And It’s Storming Outside, debutto su Underground Symphony con numero di matrice 002. In buona sostanza la seconda pubblicazione di sempre da parte dell’etichetta di Novi Ligure, che proprio in quell’anno muoveva i suoi primi passi.
Fedelissimi alla linea, i Witchunters fanno uscire il loro secondo album a distanza di trent’anni, ancora una volta sotto l’egida della label di Maurizio Chiarello.
Della formazione del disco del 1994 è rimasto il solo Cesare Vaccari, batterista. L’attuale line-up si completa con Cristiano Agnani al basso, Marcello Monti alla voce e il figliol prodigo Miguel Esteban Ramirez alla chitarra, già nel gruppo modenese negli anni Ottanta.
Time Is Running, questo il titolo del lavoro, si presenta in modalità digipak a tre ante con allegato un booklet di otto pagine con tutti i testi. L’unica foto della band compare sul fondo plastificato di alloggio per il Cd.
Da una band come i Witchunters, poco prolifica ma strettamente legata alle sonorità tradizionali del Metallo, è difficile attendersi particolari scossoni in termini stilistici ed infatti i pezzi ricompresi dentro questo loro secondo full length non fanno che confermarlo ampiamente.
Trentasei minuti di musica declinati lungo otto composizioni che si attanagliano fortemente al periodo d’oro dell’HM classico, quindi riff serrati, potenza, la giusta dose di melodia e un sentimento generale di rigorosa coerenza nei confronti del genere.
Time Is Running è lavoro da prendersi in blocco, senza esitazione, consapevoli che possa piacere o meno a seconda dell’attitudine e del background di ognuno. Per coloro i quali considerano oggidì l’heavy metal tradizionalista un inutile esercizio retrò questo Witchunters cade propriamente a fagiuolo, proprio perché nulla di nuovo né di eclatante scorre fra quanto inciso da parte del gruppo modenese. Discorso opposto per i die hard defender, perennemente assetati di HM, HM e ancora HM nel solco della grande lezione del passato, ai quali le varie “Forever Young”, “Motorcycle Driver”, “Lilith” sapranno fornire le ennesime, codificate, giuste emozioni, sulla scia di Saxon e Judas Priest.
Stefano “Steven Rich” Ricetti