Recensione: Time Is Up

Di Daniele D'Adamo - 28 Marzo 2011 - 0:00
Time Is Up
Band: Havok
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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58

‘La band dei thrash-anthems’.
Così potrebbero definirsi gli statunitensi Havok, giacché non si contano i cori urlati e riottosi, ricchi di pathos, che imbottiscono alla saturazione “Time Is Up”, loro seconda fatica discografica.
Dopo qualche anno di gavetta e alcune autoproduzioni il gruppo americano pubblica, nel 2009, “Burn”, debut-album che lo pone immediatamente in prima fila – come visibilità internazionale – accanto alle altre giovani band (Bonded By Blood in primis), dirette discendenti dello stile elaborato da Tom Araya e compagni.

Dotati di una tecnica individuale senza macchie né sbavature (“Fatal Intervention”), gli Havok usano tale abilità per insistere sugli stilemi tipici del thrash della Bay Area, lasciando ad altri act (Forbidden, Sylosis) l’onore ma soprattutto l’onere di esplorare diverse galassie musicali. Fedeli alla loro impostazione artistica, quindi, i Nostri propinano una bordata di energia fresca e vitale debitamente incanalata – come da bravi allievi – entro l’area delimitata dalle coordinate del ‘thrash puro’ fissate a loro tempo da Slayer, Exodus (“Scumbag In Disguise”) e Testament. Ho citato questi tre mostri sacri della specie perché è a loro che, nemmeno troppo velatamente, il quartetto di Denver calibra la gittata della sua artiglieria.  

Dopo queste premesse non può esserci una grande curiosità in merito allo stile proposto dagli Havok che, nella marea senza fine di riff di cui è composto “Time Is Up”, inseriscono in sottofondo – per fortuna – un basso ‘grooveggiante’ che addolcisce leggermente l’impatto complessivo, e rende perlomeno un po’ più personale il sound. Per il resto solito ritmo, solite linee vocali, solita profusione di riff stoppati e compressi, soliti soli: solita solfa, insomma. Cioè, la reiterazione di armonizzazioni, incisi, passaggi vocali, rifferama e tutto quanto già eseguito in passato dai Maestri del genere. La coppia David Sanchez/Reece Scruggs mostra un’abilità quasi eccelsa nel ricamare la fittissima trama dei precisi e taglienti accordi raccolti dai pick-up delle loro chitarre, Jessie de los Santos gira le corde del suo basso con un’agitazione controllata da record, Pete Webber non perde nemmeno un centesimo di secondo fra una battuta e l’altra, lo stesso Sanchez canta con un timbro neutro ma aggressivo da ‘scuola del cantante thrash’. Tutto ciò, però, non porta da nessuna parte: basta ascoltare l’incredibile (per mancanza di originalità) “No Amnesty”; song che potrebbe stare per una metà in un qualunque album degli Slayer, per l’altra metà in un altrettanto lavoro dei Testament.

A parte quest’unico episodio ove si esagera con il richiamo al passato, le altre canzoni del platter non sono per niente male: dopo un po’ di passaggi più d’uno dei ‘thrash-anthems’ citati (“Prepare For Attack”) si ficca nel cervello per girarvi poi a lungo. Con che, almeno, il quartetto proveniente dal Colorado dimostra di avere una discreta capacità compositiva. I brani, infatti, presentano un andamento costante, senza picchi né buchi (a parte l’ormai famigerata “No Amnesty”), dimostrando con ciò che David Sanchez & Co., comunque sia, hanno le idee chiare – perlomeno – su come costruire una canzone sì semplice ma godibile e, in alcuni casi, pure accattivante (“D.O.A.”, la stentorea “Time Is Up”); oppure potente e veloce, da scatenare l’inferno nei pit (“Covering Fire”, “Out Of My Way”). Oppure, ancora, dai mid-tempo fondati su terribili riff granitici, forieri d’headbanging sfrenato (“Killing Tendencies”, “The Cleric”).      

La pressoché totale mancanza di spunti innovativi (anche la copertina è disegnata con il solito stile da fumetto che in questo periodo va tanto di moda fra le thrash band) e di personalità mantengono “Time Is Up” sotto la sufficienza. Gli Havok, però, sono giovani e tecnicamente preparati per cui è legittimo ipotizzare un loro miglioramento soprattutto sul piano artistico. A patto che mostrino di possedere quel carattere necessario per emergere dal gregge che, oggi, non hanno.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Prepare For Attack 3:57    
2. Fatal Intervention 4:28    
3. No Amnesty 3:30    
4. D.O.A. 3:43    
5. Covering Fire 4:15    
6. Killing Tendencies 5:32    
7. Scumbag In Disguise 4:34    
8. The Cleric 4:46    
9. Out Of My Way 3:20    
10. Time Is Up 4:00    

All tracks 42 min. ca.

Line-up:
David Sanchez – Lead Vocals, Rhythm Guitar
Reece Scruggs – Lead Guitar
Jessie de los Santos – Bass, Backing Vocals
Pete Webber – Drums
 

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