Recensione: Time it’s Time
Kronomatopea. Siamo introdotti a questo progetto del compositore, chitarrista e bassista trapanese Francesco Sammartano attraverso un singolare neologismo a metà tra il tempo (“Kronos”, dal greco χρόνος) ed un’onomatopea (figura retorica che riproduce, attraverso i suoni linguistici di una determinata lingua, il rumore o il suono associato a un oggetto o a un soggetto a cui si vuole fare riferimento). Il tempo è infatti un tema ricorrente nella produzione del compositore, da sempre in una tensione lirica nel tentativo di cogliere il suo concetto metafisico ed istanziarlo in un suono. Una ricerca che parte dagli studi musicali classici di Francesco in giovane età, sublimati poi dalla scoperta del metal neoclassico attraverso la figura di Yngwie Malmsteen. Dopo una demo dal titolo medesimo composta di quattro lunghi brani, “Time it’s Time”, il lavoro è cresciuto notevolmente, in particolare a seguito dell’incontro e del supporto di grandi musicisti come Marco Scorletti ed Andrea De Paoli (Labyrinth). Il risultato è un full-length di puro metal sinfonico interpretato da molte voci. Come suggerito dal bell’artwork, è dunque il momento di restare assisi sulle plotroncine della platea del teatro del tempo, lasciando che sia la sua musica a parlare.
Devo ammettere che tra i lavori recensiti da quando scrivo su Truemetal.it, quello di “Time it’s Time” è uno dei chorus che più mi è rimasto in mente per mesi dopo aver scritto il pezzo sul disco; altro piccolo e magico mistero del tempo. Un tempo che scorre, inesorabile, così come il minuto di orchestrazioni di “Overture” in cui una chitarra elettrica ci accompagna in un piccolo crescendo, e subito l’attacco della sontuosa titletrack. Ottima l’apertura di batteria di Riccardo Barbiera (Inner Quest), riffing di Francesco Sammartano ed ingresso in scena di Marco Scorletti al microfono. Sale poi in prima linea il violino di Mirko La Porta prima dell’esplosione nel potente chorus: “Time it’s time, to defy me/ Time it’s time, to cut your breath…”. Parte centrale dedicata ai solos malmsteeniani, piccola intrusione di clavicembalo e di nuovo assoli furenti. Chiusura al fulmicotone con un notevole acuto di Scorletti e la smitragliata in doppia cassa. Colpo di scena. False-ending: c’è infatti spazio per una paradossale chiusura di violino.
Di nuovo sulle tracce della demo di tre anni fa con “A Way to Follow”, stavolta con Raffaele Albanese (From the Depth) alla voce. Altro pezzo dinamitardo che svetta col suo ritornello altissimo, ottima anche la sua prova, confermata poi con “Lighning” alla traccia numero 8.
Non pago dei numerosi inserti orchestrali all’interno di brani di matrice metallica, il compositore ci concede una piccola e gradevole pausa barocca tra flauti, violini e clavicembalo in “A Break from the Time”, liberi per un istante armonioso dalle dialettiche conflittualità temporali.
Di nuovo un crescendo tipicamente power stile Stratovarius per “The Song of Light”, ma a sorpresa la voce è femminile, è infatti la soprano Simona Guaiana a conferire eleganza e raffinatezza al brano, che vanta una lunga ed articolata parte centrale fatta di originali, in un botta e risposta tra musica barocca e metal neoclassico, come alcuni esperimenti del nostro Luca Turilli.
Enrtra finalmente in scena il pezzo più lungo del lotto, coi suoi numerosi piani e livelli di lettura, già presente nella demo: “Not For Glory” con il ritorno di Alessandro Flores al microfono. Ancora pregevole la parte strumentale, sempre coerente ed interessata a ricreare melodie ed atmosfere, piuttosto che fossilizzarsi sul mero esibizionismo tecnico.
Altro break strumentale classico per “The Cycle of the Life”, a ribadire come nell’interludio precedente l’inscindibile rapporto tra vita e tempo in un momento di pace serafica.
Segue la già citata “Lightning”, poi cavalcata ritmica di Gianluca Sabella (alla batteria) per “Valkyries’s Land”, in cui Marco Scorletti ci propone una performance tecnica veramente notevole, con un vibrato che ricorda addirittura Fabio Lione, per un brano che sprizza power metal da tutti i pori.
“Nell’ora del dolore/ perché, perché Signore/ perché me ne rimuneri così?”. Inconfondibile l’aria “Vissi d’Arte” dalla Tosca di Puccini, che nel rimembrare la triste vicenda della giovane cantante d’opera, segna il ritorno di Simona Guaiana sul palco prima dell’ultimo saluto con questa bella parentesi operistica.
Cala il sipario con “Tears and Memories”: un dipinto orchestrale sulla tela della melodia, in cui stavolta è Francesco a salutarci, lasciando correre liberamente la mano sul pentagramma con una musica talvolta epica ed avventurosa, talvolta cupa e opprimente con le note dell’organo, talvolta più fresca ed avvolgente con le note del pianoforte, e via verso nuovi orizzonti, perché il tempo, così come l’avventura, non finisce mai.
Davvero sorprendente la crescita di questo lavoro negli anni, istanziatosi nel progetto Kronomatopea: difficile trovare difetti evidenti all’opera di Francesco Sammartano e dei suoi valorosi compagni d’avventura, oltre alla prolissità ed alla complessità che questo genere impone. Ogni brano di “Time, it’s Time” è infatti una storia, un passaggio, un ponte tra un mondo e l’altro attraverso l’emotività ed il talento dell’autore, un incontro musicale tra antico e moderno, tra musica metal e barocca, tra tempo e storia, tra luce e tenebre.
Luca “Montsteen” Montini