Recensione: Time To Be Heroes
Cresce con gli ascolti, ottenendo gli esiti migliori proprio con la “familiarità”, questo secondo capitolo discografico dei nostrani Saints Trade, band bolognese attiva sin dal 2009 che avevamo già frequentato su queste pagine in occasione del debut “Robbed in Paradise” edito nel 2015.
Acerbo e perfettibile all’epoca, il lavoro del gruppo passato nel frattempo da quartetto a trio, sembra aver imboccato una strada proficua alla ricerca di un’identità meno labile e scontata, facendo segnare evidenti passi in avanti laddove i nuovi pezzi elaborati, pur rimanendo immersi saldamente nel filone dell’hard rock melodico, riescono a mostrare qualche idea interessante ed una palese crescita in sede compositiva.
Non c’è da gridare al miracolo s’intenda: la proverbiale strada appena citata è ancora da percorrere per un buon tratto, pur tuttavia sono comunque innegabili le doti che ammantano un disco come “Time to be Heroes“, imperniato su melodia ed immediatezza d’ascolto al netto di una certa prevedibilità connessa inevitabilmente con i tanti cliché che la band tutt’ora utilizza nello sviluppo della propria proposta.
L’idea di fondo che si trae da una valutazione approfondita di “Time to be Heroes” è, in effetti, quella di un gruppo fotografato nel corso di una fase evolutiva che deve ancora ultimarsi in modo compiuto. Il risultato è senza dubbio apprezzabile ma non è ancora quello che potremmo descrivere come un reale punto di svolta utile nell’affrancarsi dall’immagine di buona realtà underground, nondimeno confinata entro scenari e palcoscenici non proprio di primissimo piano.
La candidatura per entrare nella “serie maggiore” del melodic rock europeo è, in ogni modo, posta con serietà ed abnegazione e si fa forte di risvolti tecnici inappuntabili uniti a brani discretamente efficaci quali “Livin’ To Rock”, “Destiny” e “Born Hunter“, miscela di consolidati elementi hard rock/ AOR quali ritornelli orecchiabili, armonie lineari e chitarre vivaci.
Piace in tal senso la celere fruibilità con cui si sviluppano i brani, non sempre memorabili eppure meritevoli in qualche caso di essere ripresi e valutati con calma lungo l’arco di più passaggi.
Se ne potranno gradire in tal modo alcune sfumature discretamente ricercate utili nel definire la voglia dei Saints Trade di tentare un percorso che cerchi di allontanarsi dal dozzinale mercato degli album usa-e-getta per costruire qualcosa di superiore, magari fatto per durare un po’ più a lungo dei canonici due-tre ascolti che si riservano alle sovrabbondanti nuove uscite vomitate dall’ipertrofico mercato attuale.
Sfumature, tocchi ad oggi ancora leggeri ascrivibili ad atmosfere e soluzioni che lasciano trasparire una buona sensibilità per le armonie di facile fruizione. Si percepisce del talento non del tutto espresso ma comunque prossimo a sbocciare.
Il terzo album potrebbe (il condizionale è sempre d’obbligo) essere quello determinante per confermare le impressioni di crescita intuite sin qui, a corollario di una definitiva maturazione artistica che è nel potenziale del terzetto emiliano.
Nel frattempo e nell’attesa, “Time to be Heroes” è, già di per se, un buon biglietto da visita ed un ascolto piuttosto piacevole.