Recensione: Time, Unveiled

Di Emanuele Calderone - 26 Luglio 2010 - 0:00
Time, Unveiled
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Anno: 2002
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68

E’ il 1994 quando, in quel di Waldorf (Maryland), il giovane chitarrista e cantante Ron Vento decide di dare vita ad un progetto black/death: gli Aurora Borealis.
Reclutato nientemeno che Derek Roddy alla batteria, il duo compone, tra il 1998 ed il 2000, “Praise The Archaic Lights Embrace” e “Northern Lights”, due dischi non esattamente riusciti. Tali lavori saranno seguiti da “Time, Unveiled”, oggetto della nostra recensione.

Da segnalare in primis la dipartita dell’ex Nile e Malevolent Creation, che viene sostituito per l’occasione da un altro celebre collega, Tim Yeung, già in forza a Hate Eternal, Decrepit Birth, Divine Heresy e Morbid Angel.
La band prosegue imperterrita per la propria strada, continuando a proporre un mix di death e black metal violento, capace anche di essere a suo modo melodico e, quando richiesto, atmosferico.
Ad una prima generale analisi si può notare come il duo abbia notevolmente aggiustato il tiro: il songwriting si fa più convincente e di spessore. I brani acquistano un fascino maggiore, grazie ad una ricerca melodica più approfondita. Il lavoro a livello ritmico segna un netto passo avanti: il drumming, sempre vario e articolato, svolge, assieme al basso, un compito di irrobustimento delle canzoni, rendendole pertanto più aggressive.
Il guitar-work è altrettanto accurato: i riff si susseguono uno dopo l’altro senza lasciare un momento di respiro all’ascoltatore. Nelle sessioni soliste l’operato viene svolto in maniera adeguata al tipo di disco, con assoli brevi, melodici e taglienti, suonati a velocità sostenute.
All’ascolto del platter si può notare come alcuni brani possano esemplificare la filosofia musicale che gli Aurora Borealis abbracciano: tra questi vanno citati sicuramente la seconda “Sky Burial” e “The Last Day”. Nella prima traccia la band si dimostra in possesso di una buona tecnica esecutiva, proponendo un brano con dinamiche interessanti, buoni cambi di ritmi -a tal proposito, Tim Yeung si dimostra un batterista di livello davvero eccelso- e sessioni strumentali indubbiamente gradevoli. Il lavoro vocale risultata azzeccato: Vento sfodera uno scream convincente, che aggiunge violenza al pezzo.
“The Last Day”, pur nella sua convenzionalità, riesce a reinterpretare i cliché del genere, suscitando interesse nell’ascoltatore, grazie a delle linee melodiche gradevoli e all’alternanza tra parti più vicine al death/thrash ed altre più ancorate al black americano.
Proseguendo con gli altri brani ci si accorge che il livello qualitativo si attesta su standard più modesti: i brani pur non essendo brutti sanno spesso di già sentito, non presentano caratteristiche particolarmente originali, scivolando via senza lasciare troppo traccia di sé.
Buono il lavoro di produzione, grazie al quale tutti gli strumenti risultano ben udibili e distinguibili.

In conclusione si può dire che questo “Time, Unveiled” sia un disco sufficiente al quale si può dedicare più di un ascolto, ma che sicuramente non cambierà le sorti del genere. Le buone qualità dei musicisti coinvolti e una manciata di brani più che sufficienti, rendono il platter un prodotto, appetibile per tutti gli appassionati di tale filone musicale.

Emanuele Calderone

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Track-list
01 – Triumph Again
02 – Sky Burial
03 – Searching
04 – Transversing the Tides
05 – Berserker
06 – The Last Day
07 – Reign
08 – Sixteenth Chamber (Bonustrack)
09 – Slave to the Grave (Bonustrack)

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