Recensione: Tinnitus Sanctus
L’album è lì, pronto a cantare solo per me. Esito. Per la prima volta da quando conosco gli Edguy, messo di fronte ad una loro nuova uscita non sembro un bambino durante la vigilia di Natale. Al contrario sono guardingo perché ho paura; temo che loro, anche loro, mi possano deludere con un lavoro non alla altezza del passato come era a mio parere successo con Rocket Ride (2006). Un cd che, a distanza di tempo, non ho rivalutato e continuo a considerare insipido con momenti di gran classe (Sacrifice su tutti) alternati a tanti, troppi, riempitivi ai quali Toby & Co. non mi, ci, avevano abituati in precedenza. Dopo un buon mezzo minuto passato a rimuginare tutto questo mi decido e premo il fatidico tasto play ed il cd comincia a girare diffondendo un riffing serrato pronto a scontrarsi con un coro melodico e standard di facile presa. Mentre ripasso le note del singolo “Ministry Of Saints”, già presente da qualche settimana sul web, mi domando se Tinnitus Sanctus avrà marcate influenze hard rock o se quella cover classica (che richiama Vain Glory Opera a Theater Of Salvation) possa essere un’avvisaglia per un ritorno ai vecchi tempi andati. Non c’è spazio per elucubrazioni in quanto “Sex Fire Religion” incalza e reclama il suo turno per un mid tempo cadenzato e robusto che non mi convince facendomi sbadigliare. Nella mia mente aleggiavano già mediocri e tendenziosi presagi quando questi vengono sedati dalla venuta dell’allegra “The Pride Of Creation” che attira l’attenzione con ritmi incalzanti (ma non troppo) per una semi-cavalcata spumeggiante ed ispirata con cambi di tempo, backing vocals pompose e melodie degne di nota. Rinfrancato proseguo e dopo qualche giorno eccomi qui…
PASSATO vs FUTURO
Niente giri di parole. Mi trovo tra le mani una recensione maledettamente scomoda perché gli Edguy ormai si sono allontanati definitivamente dal genere che li ha consacrati e questo non andrà mai giù ai molti fans che stravedevano per Mandrake, Vain Glory Opera e Hellfire Club. Un boccone troppo amaro da ingoiare per chi era certo che Tobias Sammet sarebbe stato per le prossime decadi il nuovo Kai Hansen. Quei tempi ragazzi sono andati per sempre; ma il motivo non risiede nell’incapacità della band di tornare su suoi passi (Speedhoven – The Pride Of Creation), ma la ben precisa volontà di virare verso qualcosa di diverso. Ed ecco qui spiegate le molte canzoni dalle forti tinte hard rock. Momenti di ottima musica non mancano a partire dalla robusta “Nine Lives” con un coro diretto ben sottolineato dal riffing che ci fa muovere la testa in segno di tacito e convinto assenso. Istanti di pura estasi accompagnano gli 8 minuti di sali scendi che caratterizzano la barocca “Speedhoven” che parte con il coro in maniera spudorata per poi regalare accelerazioni improvvise e ripartenze che portano alla mente non il power più tradizionale, ma un pomp rock epico. Anche con “9-2-9” siamo messi di fronte ad una song semplice e molto melodica con una grande articolazione del bridge e chorus, vero perno del pezzo. “Thorn Without A Rose” mi ha emozionato come non capitava da tempo grazie ad un ritornello studiato a perfezione con l’inserimento delle backing vocals ben alternate a tristissime strofe magistralmente interpretate. Hard rock puro fino al midollo nella tamarrissima e veramente riuscita “Dead Or Rock”, mentre paicevolmente spiazzante risulta essere la conclusiva funny country “Aren’t You A Little Pervert Too?”
Quello che voglio cercare di trasmettere in questa recensione è che gli Edguy hanno dato una spallata decisa al passato per imbccare una strada che manterranno anche nel futuro. Non più power metal band a tutto tondo, non più portabandiera di un genere, ma hard rockers con influenze power (“Wake Up Dreaming Black”) e heavy melodico (“Dragonfly” dotata di un bridge sontuoso che mi ha ricordato una song dei Dionysus).
Se dovessi giudicare Tinnitus Sanctus per la sua coerenza con il passato dovrei bocciarlo senza remore perchè assoli degni di nota e cavalcate alla Vain Glory Opera, Mandrake e Hellfire Club ce ne sono davvero poche e questo è un dato di fatto che dobbiamo accettare. L’impressione è che dopo 10 anni non siano più disposi a fare album mono-genere e non c’è motivo di credere che ritorneranno sui loro passi. Tinnitus Sanctus è un cd con brani volutamente immediati e di facile presa; la naturale conseguenza è che la vostra prima impressione (qualunque essa sia) sarà anche quella finale perché non c’è nulla di difficile da digerire con gli ascolti.
BIANCO O NERO
Mi immagino già le facce di alcuni utenti che diranno: “abbiamo perso anche loro. A forza di voler cambiare e uscire dal solito power ormai di buone band conosciute che fanno quel genere che ci ha fatto innamorare negli anni ’90 non ce ne sono quasi più: cazzo è assurdo!!!”. Già mi vedo molta gente pronta a dichiarare guerra ai mid tempo e firmare petizioni per gli assoli scala e la doppia cassa ai concerti! Mi limito di dire che è una constatazione in gran parte vera. Una volta appurato ciò devo cercare di giudicare l’album per quello che è e senza confronti con il passato.
Da questo punto di vista trovo Tinnitus Sanctus un grande passo in avanti rispetto a Rocket Ride in quanto sono diminuiti i filler in favore di una tracklist di qualità e molto varia. Sex Fire Religion a parte non ho mai sentito l’impellente voglia di saltare le canzoni e non sono stati rari i momenti di vivo interesse come descritto pocanzi. Ciò non toglie che se chi legge dagli Edguy voleva, o peggio pretendeva, un cd che ripercorresse le orme del passato allora lo stesso Rocket Ride deve essere rivalutato in positivo perché aveva più brani power. Tinnitus Sanctus è Edguy in versione hard/pomp rock: una novità alla quale molti non si abitueranno. Personalmente adoro l’hard rock al pari del power e approvo questo cambiamento, non tanto perché sia contrario all’immobilismo, ma perché molto semplicemente trovo che i nostri abbiano qualcosa da dire in questa direzione.
Sammet, ormai un veternano dietro al microfono, offre la solita prestazione convincente alternando un cantato ruvido, sospirato ed ora più melodico, a seconda delle caratteristihe dei brani con una facilità disarmante saltando tra tonalità alte e basse. Stesso discorso per Felix, Jens e Dirk e Eggi, compagni di viaggio da una vita che hanno raggiunto automatismi che rasentano la perfezione e sfruttano al meglio produzione di spessore offerta dalla Nuclear Blast la quale istiga ad alzare il volume. Tinnitus Sanctus è alle mie orecchie un ottimo cd nel suo genere; quasi senza riempitivi e caratterizzato da un songwriting ispirato, volutamente semplice e vario, che piacerà agli amanti dell’hard rock e del metal melodico; molto meno ai power metallers che si sentiranno senza mezzi termini traditi. Un acquisto quindi da ponderare bene, molto bene…
Top Songs: Pride Of Creation, Speedhoven, Nive Lives, Dragonfly, Thorn Without A Rose.
Skip Song: Sex Fire Religion.
Tracklist:
I. Ministry Of Saints * VideoClip *
II. Sex Fire Religion
III. The Pride Of Creation
IV. Nine Lives
V. Wake Up Dreaming Black
VI. Dragonfly
VII. Thorn Without A Rose
VIII. 929
IX. Speedhoven
X. Dead Or Rock
XI. Arent’ You A Little Pervert Too?