Recensione: To A Skylark
Dall’Arte all’Arte.
In Musica poche band riescono a rimanere artisti ispirati dall’Arte. ‘To a Skylark’ o ‘ A un’Allodola’ è innanzitutto una poesia di uno dei massimi esponenti del romanticismo: Percy Bysshe Shelley.
Non è semplice parlare di To A Skylark. Nulla di complicato, sia ben chiaro, ma quando, ascoltando il disco, senti il tuo cuore che batte forte e fai fatica a respirare fino in fondo, hai quasi paura di non essere all’altezza delle emozioni che ti regala. Dal lato tecnico se ne potrebbe discutere per molte righe, ma come spiegare l’eccitazione di un viaggio in cui i sensi vengono travolti da un’orgia di sensazioni?
To A Skylark è il nome sotto cui si riconoscono Alessandro Tosatto, Filippo Ranghiero, Marco Ziggiotti, Riccardo Morgante, Stefano Santagiuliana ed è anche il titolo del loro album di esordio con cui viene brillantemente trasformata in musica l’essenza della band. I concetti racchiusi in questo album sono fortemente stratificati, imbevuti di poesia che ricreano entità musicali che non possono non rimandare a visioni. Per Shelley l’allodola rappresenta la grazia, lo Spirito della Natura nel suo momento lirico e immaginifico, nella sua attività estetica. Per la band vicentina si traduce in un tripudio di musiche, luci, colori, immagini che convogliano nella mutevole magia delle improvvisazioni, suggerimenti visivi o uditivi, espressi da un’arte suprema. L’universo in cui ci dirige l’opera è questo e cioè energia che travolge lasciando il segno.
L’intro Seraphic Feathers è una brillante introduzione strumentale. Poco più di sessanta secondi che subito mettono in scena il soggetto, skylark, che vortica e ammalia col suo canto per poi inabissarsi violentemente nel cielo con il secondo brano Icarus’ Redemption. Apre il growl potente di Tosatto e la contrapposizione di suoni/emozioni è evidente. È un brano che ci mostra voli non propri di un’allodola. Concorrono discese immense e altrettanto voli planari. La band è molto abile in questa altalena che, grazie ad un uso sapiente della strumentazione, inscena la pellicola To A Skylark.
Hic et Nunc, terzo brano, ritorna a darci la quiete e regalarci una bellezza che solo il canto descritto da Shelley può evocare. Non a caso conoscendo la composizione letteraria e ascoltando l’album si può apprezzare maggiormente quello che si sta vivendo. I cori del suddetto brano portano il soggetto volatile alto come non mai per poi girare su stesso catapultandosi verso il terreno con At Dusk, by Lake Walden. È un songwriting questo che esalta il dinamismo delle musiche dei To A Skylark. La voce grottesca si alterna ad un clean vocals che instaura nel complesso un fondo malinconico più volte lampante. I refrain anticipano melodie meravigliose; e queste ultime precedono quello che prima e dopo è una continua progressione. La stessa che viene moderata nel successivo pezzo The Aftermath. Nell’intero lotto è l’unico riconducibile ad un classic death metal style. Un poco ne risente il viaggio complessivo dedito ad una contaminazione del death con la poesia; ma subito la sensazione viene dimenticata e spazzata via con l’ultimo episodio diviso in tre parti intitolato The Fading Process. La prima parte di questo spiana la strada a quello che è l’apice del disco, ovvero la seconda parte sottotitolata The Lotus Eater. Qualche armonico , il tintinnare del legno su un raid, i synth che riproducono il suono canterino degli uccelli, e la voce di Tosatto. Merita un discorso a sé stante quest’ultima che qui come non mai si lascia apprezzare nella sua completezza. Sembra che le parole (altrettanto azzeccate) siano state inserite e scritte proprio per quel timbro vocale: estremamente affascinante. Tutti i componenti arrivano a contribuire in un mosaico caleidoscopico di emozioni. Pennellate chitarristiche arricchiscono ulteriormente il brano che, dopo essere stato scosso da accenni di metallo pesante, giunge verso la fine a fraseggi di Floydiana memoria riscontrabili in Dark Side of The Moon. Influenze del gruppo londinese sono riscontrabili ancora quando, a meno di un minuto dalla fine, uno scream si eleva potente e la mente di ognuno arriva indietro di quasi quarant’anni in quel di Pompei dove Roger Waters, in sintonia col territorio circostante emetteva uno dei primi, vulcanici, scream della storia del rock. Abandon, terza parte della suite, ridona la serenità acquisita da un arcobaleno.
Un album per chi ama Pink Floyd, Opeth, Porcupine Tree e il prog nella sua forma più raffinata. To a Skylark va ascoltato e vissuto. La parte emotiva di ognuno sarà messa alla prova come pochi dischi riescono.
Ad Alessandro, Filippo, Marco, Riccardo e Stefano: Grazie.
Antonio “kunstwollen” Guida
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Tracklist:
01. Seraphic Feathers
02. Icarus’ Redemption
03. Hic Et Nunc
04. At Dusk, By Lake Walden
05. The Aftermath
06. THE FADING PROCESS
I – Charmed by mermaids
II – The lotus eater
III – Abandon
Lineup:
Marco Ziggiotti – Chitarre
Riccardo morgante – Chitarre
Alessandro Tosatto – Voce
Stefano Santagiuliana – Batteria
Filippo Ranghiero – Basso
Featuring:
Matteo Gaiarasa Dalla Valle – Synths
Silvia Pillon – Voce Femminile