Recensione: To Sail Black Waters
In un panorama musicale in cui sono state saggiate miriadi di soluzioni nuove ed innovative come quello metal, sta prendendo sempre più piede la convinzione che non sia rimasto quasi più niente da sperimentare e che sia ormai impossibile per una band suonare veramente originale.
Sembrano tuttavia essere in grado di confutare questa teoria gli americani Secrets of the Sky, giunti sul mercato discografico con l’esordio “To Sail Black Waters” agli inizi del 2013. Lo stile dei Secrets of the Sky è un devastante ibrido di progressive metal e death/doom con forti spruzzate post-metal: non esiste un’etichetta per classificare in modo efficace lo stile del sestetto californiano, che mostra fin da subito una personalità davvero sorprendente per essere un gruppo al primo lavoro.
Sono solo quattro i pezzi che compongono “To Sail Black Waters”, per un totale di circa 40 minuti. Il quintetto statunitense con questo album crea un mondo di oscurità e desolazione denso di atmosfere horror e dissonanze inquietanti.
L’apertura è affidata all’arpeggio tetro di “Winter”, che ben presto esplode in una lunga composizione tormentata, dove il ritmo cadenzato, le chitarre pesanti come macigni e uno scream lancinante, catapultano l’ascoltatore in uno scenario rovinoso e apocalittico: il gruppo mette in mostra anche una certa versatilità tramite alcuni cambi di registro particolarmente azzeccati. Suona ancora più convincente la successiva “Decline”, pezzo dove trovano spazio anche alcune parti cantate in pulito; il mood generale sembra essere in qualche modo un po’ più disteso nonostante le solite atmosfere decadenti, ma il distruttivo climax finale trascina nuovamente l’ascoltatore nell’oblio.
La seconda metà dell’album è aperta da “Sunrise”, che pur essendo la traccia con il minutaggio meno esteso arriva a superare abbondantemente i sette minuti. Pur presentando alcune buone trovate il brano risulta essere un po’ troppo ridondante e dà in più di un punto l’impressione di trascinarsi stancamente: probabilmente un leggero taglio alla durata avrebbe giovato, dato che come accennato in precedenza ci sono alcuni buoni spunti che potevano essere sfruttati meglio.
Poco male, la successiva “Black Waters”, posta in chiusura, si rivela essere invece il brano più ricco e interessante del lotto: in 11 minuti i Secrets of the Sky mettono in mostra tutto il loro talento creando una composizione che contrappone esplosioni di violenza ed altre parti più cupamente rilassate: non mancano sprazzi di gran classe. Durante l’ascolto poi, è sempre viva la sensazione di annegare senza riuscire a risalire.
“To Sail Black Waters” è un esordio già maturo da parte di una band che, pur essendo ancora molto giovane, presenta già una personalità ben definita. Certo, alcuni passaggi possono rimandare in qualche modo a gruppi come Opeth, Type O Negative o Isis, ma nel complesso lo stile è originale e subito riconoscibile.
Fortemente consigliato agli amanti del metal estremo e del post-metal, in attesa di un nuovo lavoro che, siamo certi, non deluderà le aspettative.
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