Recensione: To the Depths We Descend…

Di Alessandro Rinaldi - 9 Novembre 2021 - 14:46
To the Depths We Descend…
Band: Necromantia
Etichetta: The Circle Music
Genere: Black 
Anno: 2021
Nazione:
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78

La storia di questo album inizia il 26.11.19, un triste giorno per il mondo della musica, che segnò la fine del lungo viaggio di Baron Blood, fondatore, assieme a Magus, nel 1989, di una delle band più importanti, assieme ai Rotting Christ, della scena black ellenica: i Necromantia. E Baron Blood ne è stato allo stesso tempo il fulcro e la peculiarità, ovvero l’assenza di una ritmica vera e propria, sostituita dal suo basso a otto corde. Magus, già vocalist dei Principality of Hell, annunciò lo scioglimento dei Necromantia non prima di aver salutato nel migliore dei modi il suo compagno e amico: con la musica.

Un loro vero e proprio full lenght non si ascoltava dal 2007, l’anno del controverso The Sound of Lucifer Storming Heaven – in linea con la loro scarsa prolificità.

L’artwork di “To The Depths We Descend” è opera di Harshanand Singh, una vecchia conoscenza del gruppo, e per stessa ammissione di Magus, un ritorno alle origini “Volevo che la copertina avesse un forte riferimento ai nostri primi album in combinazione con il nostro sigillo draconiano.”: il Grande Drago apre le sue ali, pronto ad accogliere l’anima di Baron Blood.

Tra suoni sinistri e urla di anime dannate, si apre Daemonocentric: è un chiaro indizio sulla provenienza di questo album, ovvero dall’inferno; la struttura è pulita e molto ordinata, eccellente la ritmica e avvincenti assoli caratterizzano una opener di tutto rispetto. Un ritmo tribale e un giro di basso, costituiscono la struttura su cui si sviluppa e prende vita And The Shadow Wept…, elegantemente malvagia e probabilmente la canzone più bella di tutto il lavoro. La tetra Give The Devil His Due ha un meraviglioso arrangiamento e la traccia del piano, dà un tocco speciale al brano: un intermezzo musicale d’impatto, che contribuisce a dare mistero a questo album che già di per sé ha entrambi i piedi all’inferno. Le chitarre aprono la solennemente diabolica Inferno: nomen omen. È la canzone più cattiva del disco, in cui emerge in modo prepotente il lavoro di Emmanuel, con i suoi fraseggi, coinvolgenti e poi con il riffing martellante che guida l’ascoltatore verso il passato della band. Eldritch è un brano meraviglioso, che apre con un sound che ricorda molto lo stile heavy anni ’80, per poi essere spezzato da un fraseggio inquietante di piano un crescendo di chitarre e organo ci conduce ad una violenta accelerata che chiude il brano. La title track è l’omaggio a Baron Blood: un’intro orchestrale, pomposa, con addirittura un sassofono a dettare la parte principale dell’arrangiamento; malinconicamente demoniaca, è un assaggio dell’ecletticità che ha distinto la vita dei nostri. Gli ultimi due brani sono davvero particolari, perché oltre ad evidenziare i tratti peculiari del black metal ellenico, hanno una innaturale quanto azzeccata epicità che deraglia l’ascoltatore verso un percorso che ricorda il power metal degli anni ’80. L’organo di Lord Of Abyss apre questo brano pomposo e dannato: è la sintesi del genio dei Necromantia, che affonda le sue radici nel passato glorioso, e lo modernizza – non a caso si tratta di una registrazione della prima parte della carriera del gruppo. Warlock MMXX è la degna prosecuzione di quanto espresso in precedenza: è il saluto di Magus all’amico fraterno, con cui tante note ha condiviso; ma è anche il manifesto delle loro abilità tecniche, in modo particolare di Votsis alle pelli e Emmanuel alle sei corde.

Si tratta di un disco di facile ascolto e molto piacevole, perché rappresenta un ponte ideale tra passato e presente, restando fedele a quelli che sono i tratti del loro sound: sono stati tra i primi a fondere black e death metal (peculiarità del movimento ellenico), utilizzando strumenti come piano e sassofono che solitamente non vengono associati a questo genere. I riffoni anni ’80 di Emmanuel (ex Rotting Christ) danno orecchiabilità ed epicità alla struttura delle canzoni, mentre Votsis emerge per tecnica e velocità, riuscendo a tenere un suono molto pulito. Ed effettivamente, va anche detto che il lavoro in studio è stato notevole, alzando l’asticella. “To The Depths We Descend” è un piacevole viaggio nel tempo lungo 30 anni, tra il glorioso passato dei Necromantia e il presente, un disco che sicuramente si farà piacere e amare.

Diabolico commiato.

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