Recensione: To The Elements
Il momento è catartico…come spesso si usa dire.
Una frase che personalmente è valsa su più aspetti relativamente a questo disco, in primis la spasmodica attesa del vero e proprio debutto di uno dei più sinceri e mai troppo elogiati progetti mai esistiti in ambito black metal ed in seconda linea, ma non certo per importanza, il constatare con i fatti che la creatività di un personaggio quale Ulf Theodor Schwadorf, meglio noto per essere mastermind degli straordinari Empyrium (pronieri di un vero e proprio manifesto attitudinale che poi avrebbe fatto proseliti, come ad esempio attrarre a sè legioni di adoratori e definire così le coordinate stilistiche ricercate dalla stessa Prophecy Productions, label maestra della sua succursale Lupus Lounge sotto cui il disco il oggetto è stato rilasciato) e dei particolarissimi The Vision Bleak oltre che collaboratore in numerosi progetti non certi trascurabili quali Ewigheim, Eudaimony e chissà cos’altro, non accenna affatto a calare.
Ok, ammettiamo pure che è un calo c’è stato, vale a dire l’ultimo, non certo esaltante (o almeno al di sotto delle aspettative) disco degli Empyrium, però per tutto il resto bisogna ammettere che il buon Theodor ha saputo mantenere una quasi totale invincibilità compositiva e questo ultimo, o forse dovremmo dire primo dato che si tratta del primo full lenght del progetto, parto a nome Sun Of The Sleepless conferma abbondantemente questa tesi. Un disco che si è fatto seriamente attendere, spuntato quasi a sorpresa a 18 anni dal primo EP del progetto e di cui, onestamente, molti attendevano l’arrivo, data l’assoluta qualità delle brevi uscite finora pubblicate sotto tal nome.
Lo ammetto: chi scrive è un fan accanito della musicalità assolutamente unica forgiata a loro tempo dagli Empyrium, ma allo stesso tempo so di essere anche sufficientemente lucido da non farmi mai annebbiare i sensi e quindi riconoscere quando qualcosa ha reale valore oppure il tutto è, appunto, solo fumo negli occhi.
Quindi, cerchiamo di essere diretti e parliamoci chiaro: per me “To The Elements” è il disco dell’anno.
Senza se e senza ma, personalmente ritengo che siamo al cospetto di un vero e proprio Capolavoro, dove la C maiuscola non è assolutamente usata in modo casuale in quanto ogni singolo aspetto di quest’opera vibra di un’energia assolutamente viva e scintillante: il tocco ‘alla Empyrium’ si sente, frutto della mente del buon Theodor indubbiamente e non potrebbe essere altrimenti, ma il tutto viene rimescolato tramite una sensibilità artistica di spessore del tutto differente, dove gli elementi tipici del songwriting del compositore tedesco (sussurri e momenti acustici, sfuriate estreme unite a parti melodiche dal gran trasporto emozionale) eccellono come non mai e riescono a far dimenticare del tutto il mezzo passo falso dell’ultimo disco in studio dei suoi Empyrium.
“To The Elements” è un disco di una classe spaventosa, pura ed autentica maestria riversata sotto fiumi di poesia, rigorosamente in chiave estrema, sempre ammaliante e mai ridondante, dove persino in quella che dovrebbe di regola essere solo una banale introduzione quale è la bellissima ‘Burden’, sfodera riff ed atmosfere in grado di procurarti la pelle d’oca. E sin dal primo ascolto, chiariamoci. ‘The Owl‘ è un brano di caratura mostruosa dove un black tirato ed atmosferico, dall’arpeggio tanto semplice quanto esaltante, si tinge di sfumature grigie e gotiche, melodie da stregoni solitari nella foresta alternate a sussurri e furia, mentre ‘Where In My Childhood Lived a Witch’ è una epica nenia che profuma di pioggia e dove la classe compositiva del Nostro, in grado di alternare calma e tempesta con un pathos altamente naturale e penetrante, raggiunge livelli ancor più alti di maestria.
‘Forest Crown’, meravigliosa nel suo incedere assolutamente calmo ed acustico, ha come il compito di spezzare il disco in due parti simili ed allo stesso tempo differenti, per poi fare da apripista a ‘In the Realm of the Bark’, il brano più duro e malvagio del lotto, dove il timbro del musicista tedesco di inasprisce e nelle prime fasi tende a ricordare per molti versi i Darkthrone, salvo poi aprirsi in soluzioni più ariose tipiche del sound Sun Of The Sleepless, sfoderando un altro brano capolavoro.
Così come capolavoro è la conclusiva ‘Phoenix Rise‘, dove l’atmosfera tipica del platter raggiunge momenti di espressività elevatissimi, quasi come se il musicista avesse voluto sublimare del tutto le sensazioni che lui stesso era desideroso di trasmettere: brano le cui parti principali sono basate interamente su un’unica linea melodica che, nel finale, raggiunge picchi di epicità ed emozionalità inimmaginabili e che francamente (e qui ammetto che gioca molto un gusto tipicamente personale) non percepivo da anni ed anni in un disco di black atmosferico.
Insomma…imbarazzato nel dimostrarmi questa volta del tutto asettico nel giudizio, perdonatemi se vi dico che anch’io sono un essere umano e come tale subisco il pressante fascino delle emozioni come tutti. Quindi, questa volta, il mio animo si è personalmente aperto del tutto nei confronti di quello che anche in conclusione ritengo un autentico Capolavoro che sicuramente ascolteremo ogni volta con trasporto e vigore, pronto ad esser ricordato negli anni a venire. A completare del tutto tale lavoro maestro di muscolosa musicalità, troviamo una produzione assolutamente perfetta, dove ogni elemento ha un suo perché nel contesto, un contorno accuratamente modellato che ne risalta la presenza.
Capisco come ritrovarsi di fronte a voti così alti possa risultare un pelino imbarazzante soprattutto per chi li scrive, ma credetemi sulla parola se vi dico che per questa volte ne è valsa davvero la pena di sbilanciarsi così in alto: provatelo, molto probabilmente mi darete ragione, assai meno probabilmente no. Resta il fatto che per me “To The Elements” rappresenta seriamente uno dei dischi estremi simbolo dei nostri tempi, meraviglioso nell’essere a suo modo maestoso, a suo modo perfetto.