Recensione: To The Nines
La classe non è acqua, l’acqua passa sotto ai ponti, e quando qualcuno ne ha vista scorrere tanta quanta ne ha vista Peter Hansen si può stare sicuri che il risultato non sarà certo un flop. Creatore degli Hatesphere nel 1993 il chitarrista danese può giustamente dire di essere leader e non follower di un certo movimento, ossia quello del death melodico con qualche sconfinamento nei generi -core, ed una line up stravolta con tanto di cambio di fronman non possono di certo scalfire questa sua consapevolezza: la dimostrazione è il fatto che lui rimanga più che mai fedele a se stesso in questo To The Nines, defenestrando in toto anche solo l’idea di includere breakdowns o voci melodiche nelle sue canzoni. A ricordarci che siamo sulla linea di confine tra death metal e metalcore rimangono dunque i (soliti) riff con pedale di chitarra tenuto in basso ed una voce che si alterna tra scream e growl, cosa che comunque oramai è dura non trovare in un disco di matrice estrema. Niente fronzoli, niente tentativi di inseguire mode che aiutano tanto quanto appiattiscono: una scelta è veramente da premiare.
Parliamoci chiaro: siamo di fronte ad un prodotto veramente buono, che insegue la melodia senza scadere nei soliti cori fatti con voci da sedicenni e non tenta nemmeno di strizzare l’occhio all’estremo con i soliti rallentoni che oramai hanno abbastanza stancato e non suonano originali da anni ed anni. Le tracce sono tutte abbastanza veloci, attorno ai 200 di metronomo insomma, e presentano un’attitudine che il sottoscritto finora aveva visto espressa al meglio in gruppi come Devildriver, Heaven Shall Burn, Chimaira in qualche pezzo (certamente non dell’ultimo album in uscita a breve che è invece dominato dai mid tempo) e pochissimi altri. Si sentiva il bisogno di qualcuno che proponesse delle belle canzoni da circlepit, adatte a far scatenare le folle dal vivo con il loro groove incontrollabile, e gli Hatesphere, senza la pretesa di innovare nulla, fanno esattamente questo, regalandoci un album di cui davvero si sentiva la mancanza da almeno un paio d’anni nel mondo estremo, ossia dall’uscita nel 2007 di The Last Kind Words (sempre che abbiate apprezzato quel platter naturalmente).
To The Nines è dunque un buonissimo lavoro, curato in ogni sua parte produzione compresa, che tuttavia non riesce a raggiungere livelli di eccellenza in quanto si limita appunto a riproporre sonorità gà ampiamente esplorate dagli stessi Hatesphere e da molti altri gruppi assieme a loro… i già citati Heaven Shall Burn, Devildriver e Chimaira possono bastare come esempi. Sebbene nella sua veste dritta e senza fronzoli questo disco risulti godibilissimo inoltre, si sente la mancanza di una maggiore varietà, ad esempio con canzoni un po’ più lente o basate su di un riffing impostato in maniera diversa. Affiancare a brani coinvolgenti ed energetici come Backstabber e The Writing’s on the Wall altri un po’ più riflessivi, atmosferici o cervellotici avrebbe aiutato ad aggiungere qualche momento di “decompressione” che gli ascoltatori non avrebbero potuto che gradire.
Sembra che gli Hatesphere si siano un po’ adagiati sugli allori e dopo aver trovato una formula compositiva vincente non abbiano più sentito la necessità di evolverla. Poco male comunque, a noi basta quello che abbiamo e finché l’acqua continuerà a scorrere sotto ponti del genere non ci sarà certo da lamentarsi.
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Tracklist:
1- To The Nines
2- Backstabber
3- Cloaked in ****
4- Clarity
5- Even If It Kills Me
6- Commencing A Campaign
7- The Writing’s On The Wall
8- In The Trenches
9- Aurora
10- Oceans of Blood