Recensione: To the Stars
Scandinavia? No: Germania. I Nyktophobia, giunti con “To the Stars” al traguardo del quarto full-length in carriera, si mostrano fedeli a tutti, nessuno escluso, gli stilemi che delineano quello che viene comunemente definito melodic death metal di provenienza nordica (scandinavian melodic death metal?).
Questo approccio, benché apparentemente semplice, si rivela al contrario per nulla facile, giacché anche la Germania ha la sua truppa di band che suonano death metal melodico, e pure bene. Le quali, però, come scolaretti che si tengono in fila per mano, non esulano mai tutto ciò che fa parte della tradizione teutonica.
Detto questo, “To the Stars” racconta le avventure di un ardimentoso viaggio fra le stelle alla ricerca di un nuovo Mondo da abitare, dato atto che la Terra è irrimediabilmente destinata a morire per mano dell’Uomo. Un argomento che si presta a una potenziale, grande visionarietà, aiutata in questo dagli splendidi disegni che nobilitano il booklet della versione in CD.
L’approccio dei Nostri alla saga del melodic death metal che sgorga da innumerevoli fonti delle terre scandinave è impressionante. Impressionante poiché nessuno, nemmeno i più esperti nel campo in ispecie, riuscirebbero ad azzeccare la loro provenienza geografica.
Il sound che i Nyktophobia mettono in campo è poderoso, possente, massiccio, e questo grazie a una sezione ritmica devastante che eroga watt a profusione, limitando le scorribande ritmiche fra gli up-tempo e le roventi bordate dei blast-beats. Come se questi ultimi, metaforicamente, fossero i propulsori della nave stellare su cui viaggiano i coraggiosi esploratori spaziali.
Avvolta in tanta esplosività, come un leggero mantello di fotoni sprizzano dall’anima di “To the Stars” un turbinio di sentimenti tesi alla malinconia. Tanta, malinconia. Sì da divenire, in alcuni momenti, vera e propria tristezza (‘To the Stars’). Un’emotività che, sin’ora, non stata praticamente mai espressa da una band che non ruotasse attorno ai sempre più corti paralleli dell’emisfero che s’identifica con il Polo Nord. Ecco, semplificando un po’, il disco riesce a trasmettere a chi ascolta sentimenti forti, penetranti, sconvolgenti come quelli che si provano osservando in silenzio i delicati disegni dell’aurora boreale.
A questo punto non si può che citare la bravura dei musicisti, eccellenti nella fase esecutiva ma soprattutto nell’innata e piuttosto rara capacità di esprimere il cuore di un mood indimenticabile. Tomasz Wisniewski con il suo roco, gigantesco growling e le sue improvvise harsh vocals, è il pilota ideale per traghettare “To the Stars” nel vuoto dello spazio cosmico. Fra una supernova e una nana bianca ecco che il viaggio assume un amaro sapore di solitudine, meravigliosamente espresso dalle armonizzazioni delle chitarre. Queste enormi nel portare avanti la ritmica, melodiose all’inverosimile quando devono disegnare sullo schermo la rotta da seguire con tratti dorati, frutto di soli e ricami di pregevolissima fattura.
Non bisogna dimenticare nemmeno le tastiere, non menzionate nelle note di copertina, che però svolgono un compito importante nell’arricchire un sound di per sé già debordante. Le si possono ascoltare nella loro intensità in corrispondenza della meravigliosa suite finale, ‘Voyager 1’, stupenda, bellissima canzone che fa da cappello alle altre, tutte di alto se non addirittura altissima qualità compositiva. Per un disco che, clamorosamente, ce l’ha fatta a mettersi sullo stesso piano di incommensurabili Campioni fra i quali si citano a mò di esempio Insomnium, October Tide, Mors Principium Est.
Insomma, “To the Stars” è una sorpresa col botto grazie a una (quasi) impareggiabile talento tecnico/artistico di altissimo livello internazionale. Un album da avere a tutti costi perché, davvero, con i Nyktophobia svanisce la realtà di tutti i giorni quando si varca il portone per entrare nel loro superbo palazzo musicale, avulso totalmente dall’orrore della vita moderna.
Fantastici!
Daniele “dani66” D’Adamo