Recensione: Todestage
Diciotto anni di carriera, dieci album.
Niente male la media produttiva dei tedeschi Eisregen. I quali, con l’ultimogenito “Todestage”, proseguono imperterriti il loro macabro discorso sull’ormai consolidata base musicale denominata ‘dark metal’. Una sorta di black metal non estremizzato, cioè, parecchio implicato con il gothic. Se si vuole risalire all’origine del nome occorre tornare indietro ai Mercyful Fate di King Diamond che, agli inizi degli anni ’80, afferrarono per mano la NWOBHM tetra e oscura degli Angelwitch, insomma. Onde evitare mortificanti paragoni, data l’altisonanza dei nomi dei mostri sacri appena nominati, è meglio far rientrare i Nostri nell’infinitamente caleidoscopica famiglia del black che, bene o male, presenta molte caratteristiche che collimano piuttosto bene con il loro stile.
Soprattutto quando la velocità tende a salire per bucare la barriera dei blast-beats e lo scream di M. Roth si fa arcigno come pochi. Proprio in questi frangenti appare più efficace l’uso della lingua natia, dura e aggressiva come si conviene a un attacco black metal. Brani come “Höllenfahrt” e “Familienbande: Vater Tod & Mutter Nacht” sono veri e propri bombardamenti a tappeto, ondate raw che non a caso ricordano le furibonde scorrazzate sonore dei connazionali Endstille. Raw che mugghia e travolge malgrado sia sempre presente l’apporto delle keys di Dr. Franzenstein, ovviamente più presente nei pezzi meno concitati e rabbiosi.
Anche durante l’opener “Waldgott”, tenuta su da una schizofrenica e deviata melodia, l’atmosfera, oltre che lugubre, si fa spaventosamente rovente quando i BPM raggiungono numeri da capogiro. È in questi frangenti di caos strisciante, di abominio musicale, di aggressività totale, che il combo della Turingia dà il meglio di sé; esplorando con precisione e determinazione i territori della follia umana. Non mancando mai, ed è questo probabilmente il frutto sia dell’esperienza sia della crescita artistica, l’innesto delle putrescenti armonie che, bene o male, sono diventate il segno particolare più evidente della proposta degli Eisregen.
L’attenzione tende invece a calare quando s’incoccia in canzoni più lente, o addirittura in occasione di ballad (sic!) come “Lang Lebe Die Nadel” e “Tot/Untot” che, purtroppo, tolgono a “Todestage” quell’aria putrefatta e maligna che asfissia i polmoni durante l’ascolto della title-track, per esempio. In sé queste song non sono né dei riempitivi, né anonime, né scarse come qualità di scrittura. Anzi, proprio “Tot/Untot” è un lento con i fiocchi, dall’azzeccata melodia, che però esula un po’ dal contesto ‘cattivo’ del platter. Ancor meno riuscita pare essere “DSDSL (Deutschland Sucht Die Superleiche)”, ‘doom-oso’, lentissimo come il rimescolamento a mani nude di decine di vermi entro una bara, lontano tuttavia dagli standard degli specialisti del genere.
Il tentativo dei quattro di seguire strade diverse nella stesura dei singoli episodi è comunque encomiabile, poiché è sintomatico di una voglia non repressa di visitare a 360° l’universo del metal estremo. Non sempre tale soluzione porta a dei frutti, giacché sono talmente tante le sfumature in gioco che il rischio è di perdere il lume della ragione. Questa fattispecie di approccio stilistico vede quindi gli Eisregen sospesi in una sorta di limbo, in cui giace chi non ha fallito l’obiettivo ma nemmeno l’ha centrato.
L’ensemble, per concludere, è in costante, lento miglioramento, disco dopo disco. Lo status di cult-band è difficile da scrollarsi di dosso, ma “Todestage” è un deciso passo in avanti verso la direzione voluta.
Daniele “dani66” D’Adamo
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