Recensione: Too Hard to Die
Renegade è il nuovo progetto dei fratelli Ammannati (Damiano – chitarra – e Andrea – batteria), già componenti degli Electric Fluid e degli Holy Sinner, dai quali provengono anche Roberto Mannini (chitarra) e Stefano Guidi (basso). Dietro al microfono c’è Stefano Senesi. Ascoltando Too Hard to Die ho fatto un salto temporale di più di vent’anni indietro. Di per sé la mia affermazione può suonare come un fatto positivo, in questo periodo di revival degli anni Ottanta italiani, sulla spinta anche dell’excursus cartaceo in tema all’interno del magazine Metal Maniac. E invece no: il disco è pregno di quei suoni slegati e mal prodotti che risultarono, purtroppo penalizzandolo, il trademark negativo degli Eighties tricolori.
Nel 2006 una tale produzione è inaccettabile e inevitabilmente mina la resa globale dei Renegade, che in brani come la bella ballad As a Stone pagano irrimediabilmente pegno. Altri pezzi da rimarcare sono l’adrenalinica Lies, con Stefano Senesi molto vicino a Bruce Dickinson, oppure Fear of the Fire che rimembra i triestini Steel Crown e la finale Nothing to See, dove impatto e atmosfera convivono alla grande. Il resto non eccelle: il songwriting è oltremisura acerbo e minimale, TROPPO poco per una band come i Renegade, dalla quale è lecito aspettarsi di più.
Capisco che la sfrenata passione per l’HM spesso appanni un poco la visione chiara delle cose e che si pensi che la spontaneità e la semplicità bastino a sistemare, come d’incanto, le varie pecche, ma questi concetti avevano una valenza vent’anni fa, in un’epoca di improvvisazione e pochi mezzi, oggi non più. Per ottenere la giusta credibilità, come nel caso dei Renegade, bisogna puntare alla qualità sonora del prodotto. Il “profumo di vintage”, le “reminiscenze dei suoni anni Ottanta” e così via, sono spesso belle frasi per redigere una recensione (infatti le ho volutamente evitate, in questo caso, per non trarre in inganno i possibili compratori): poi in pratica si scopre che servono solo a nascondere l’amara verità: un sound approssimativo e raffazzonato, come in questo caso.
Too Hard to Die comunque è l’esordio dei Nostri, di tempo per migliorare ce n’è di sicuro: alla prossima dunque!
Stefano “Steven Rich” Ricetti