Recensione: Too Late to Pray [Remastered & Expanded Edition]

Di Stefano Ricetti - 10 Agosto 2015 - 9:47
Too Late to Pray [Remastered & Expanded Edition]
Band: Tyrant
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
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84

Successivamente agli Osanna raccolti con il debutto Legions of the Dead del 1985, che frutta loro l’inserimento nella compilation The Best of Metal Blade vol. 1 con il pezzo Listen to the Preacher l’anno successivo, i metalwarrior californiani Tyrant realizzano che il ferro è meglio batterlo finché è caldo e nel 1987 licenziano sul mercato Too Late to Pray, sempre sotto l’egida della temibile Lama Metallica di Brian Slagel.

In linea con il predecessore, i quattro superborchiati confezionano il prodotto forte di una copertina affascinante, che lascia però presagire una virata verso tematiche oscure. Se all’interno di Legions of the Dead la componente heavy metal di stampo velocistico risultava preponderante, in Too Late to Pray è un impianto più legato a sonorità rallentate a dettare l’andatura.

Come accaduto per l’album tutto spike&leather&graveyard celebrante il trentesimo anniversario dall’uscita, la recentissima release di Too Late to Pray in versione Remastered & Expanded Edition operata sempre dalla label inglese Blood and Iron Records dà l’occasione di rituffarsi in quel fantastico mondo siderurgico creato nella seconda metà degli anni Ottanta dal bassista Glen May e dai sui sodali. Rispetto alla line-up del 1985 alla batteria troneggia ora G. Stanley Burtis, che prende il posto di Rob Roy. Il nuovo drummer, in realtà si chiama semplicemente Glenn Burtis ma la leggenda vuole che per volere di Greg May e degli altri tiranni, che impongono che nel gruppo vi possa essere un solo GlenMay, il possente, biondo cantante – il nostro viene citato con l’inziale puntata “G” e l’aggiunta di Stanley.

Va puntualizzato che a differenza di Legions of the Dead 30th Anniversary Edition, le bonus track di Too Late to Pray Remastered&Expanded Edition sono ascoltabilissime e costituiscono il vero valore aggiunto dell’uscita. Nello specifico le prime quattro provengono dal demo di debutto del 1982, mentre l’ultima – Battle of Armageddon – risale al 1983. Pleonastico aggiungere che anche per questa uscita sia presente il sontuoso booklet di ventiquattro pagine.

Musicalmente, dopo lo spettrale intro Tyrant’s Revelations II infarcito di urla disumane – efferatezze del genere, dalle nostre parti e di quei tempi , i soli Bulldozer si erano permessi di farle –  è la volta dell’inno generazionale Too Late to Pray – per lo scrivente l’unico che se la può giocare, anche se perdendo, con Warriors of Metal -, brano ove il singer Glen May vomita tutta la brutalità cavernicola che ha in corpo attraverso il microfono mentre la chitarra assassina imbracciata da “baffoRocky Rockwell scarica fendenti a destra e manca. La svolta rispetto al debutto è palese, le influenze palesate dai Tyrant sono meno dipendenti dalla grande lezione Judas/Saxon e hanno schiacciato l’occhio a Black Sabbath e derivati vari.

Ancora pesantezza diffusa in Beyond the Grave, altro brano innervato dal cantato volutamente sgraziato di May, anima dannata sputata fuori dal più bieco dei gironi infernali. Un momento di tregua – apparente – è impersonificato dagli oltre otto minuti di Valley of Death, episodio di HM rallentato dal fascino indiscutibile a dimostrare che non solo di macellazione siderurgica sono campioni i Tyrant. Un basso a la Death SS suonato da Greg May dà il via a The Nazarene, canzone veloce  straclassica nell’incedere figlia della grande scuola canadese sponda Exciter.

Bells of Hades pare un estratto da un album dei Venom piuttosto che dei Bulldozer, Into the Flames è una gragnuola di acciaio urlato con il piede premuto a fondo sull’acceleratore, con la ormai consueta performance da indemoniato da parte di Glen May e il ribollire della batteria di G.Stanley Burtis.

La chitarra di Rocky Rockwell a mo’ di mannaia detta legge sulle note di Babylon, pezzo greve a la Black Sabbath dal refrain azzeccato (e sussurrato). A seguire la rozzissima Verdalack poi finalmente un po’ di pace, sulle trame disegnate da Beginning of the End, traccia in grado di mostrare il lato epico dei defender di Pasadena, al netto di una sfuriata centrale da manuale. Eve of Destruction chiude all’insegna dell’HM senza compromessi e violento il lotto dei brani ufficiali di Too Late to Pray.

Le cinque tracce bonus si aprono con Free for a While, episodio che testimonia quanto fossero debitori della Nwobhm i Tyrant degli inizi. Ottima la lenta Leavin’, capace di scomodare un grande classico come The Hanged Ballad dei Death SS per la quantità di tensione espressa… davvero ci si chiede con che criterio talvolta una band decida i pezzi che andranno a comporre un album, visto che su nessuno di quelli ufficiali compare il pezzo in oggetto…

Da un titolo come Heavy Steel è lecito attendersi sconquassi e infatti è così: gli Exciter insegnano ma quello che fa la differenza è l’ interpretazione vocale di Glen May, che incredibilmente in più passaggi lambisce il Paul Chain d’annata dei tempi del Violet Theatre! Altra gemma nascosta è l’ipnotica You Don’t Have to Sell your Soul; riguardo le perplessità sul perché non sia stata utilizzata nemmeno questa in carriera vedasi qualche rigo sopra.

In chiusura della Remasteres&Expanded Edition la clamorosa Battle of Armageddon, la canzone manifesto del sound dei nostri, quella che ha rivelato al mondo metallico i Tyrant nel momento in cui vennero inseriti nella  compilation Metal Massacre Vol. III del 1983 in compagnia di altri colossi allora in fase emergente rispondenti ai nomi di Virgin Steele, Slayer e Warlord.

In considerazione del setlist allestito dai Tyrant nelle ultime uscite dal vivo –  Keep it True Festival del   24 aprile 2009, Defenders of the Old Metal 2010 e Throwback Metal Festival 2014, è evidente che il peso specifico di Too Late to Pray all’interno della propria discografia sia assimilabile a quello del debutto Legions of the Dead, mentre i brani tratti da Kings of Kings del 1996 – ultima uscita ufficiale della band –  risultano in minoranza.

Too Late to Pray: disco crudo, dall’anima nera pece che più nera non si può.

Un classico assoluto!

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

TYRANT BAND

 

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