Recensione: Tordo
Gran bella sopresa questo Tordo, primo full lenght del trio strumentale Vadva.
Il trio modenese composto da Alessio Cartelloni, Matteo Bassoli e Ivan Borsari nasce nel 2020 e confeziona un sound che si colloca tra il progressive rock il math rock e un post doom metal.
Senza mezzi termini, si tratta di un esordio audace, un album potentissimo e suonato magistralmente. Un album che risuona come gli Opeth da Heritage in avanti i quali, pur non avendo ottenuto l’apprezzamento di molti fan della vecchia guardia hanno sicuramente dimostrato un coraggio da vendere. Coraggio riproposto in Tordo che andiamo ora a sviscerare.
Si parte con “Dattero” che presenta un intro con i connotati quasi da world music che esplode in un riff granitico doom metal. Il suono è cristallino, (non nel senso di digitalmente perfetto) e presenta una nitidezza dei singoli strumenti a dir poco invidiabile. Ogni elemento è al suo posto, un basso corposo, una batteria calda e una chitarra che vi si adagia perfettamente, a volte con suoni quasi tastieristici (magari abbiamo una Organ Machine tra le armi di Alessio Cartelloni? ). I riff serrati con cambi di tempo imprevedibili e le sezioni più evocative si intervallano con intelligenza. Ultima ma non per importanza la citazione fantozziana “Tordo, la cosa più difficile in natura”.
Eccoci a “Calamaro di Legno” e riecco i suoni organistici alla chitarra, arma assolutamente vincente. Nell’intro sembra di sentire una sezione strumentale dei Doors con gli steroidi. Questa non è musica che si sente tutti i giorni. A livello armonico siamo su livelli elevatissimi. Attorno al terzo minuto il brano si carica con una sequenza progressive senza compromessi per poi esplodere nuovamente in una tempesta stoner rock con un ottimo assolo di chitarra wah.
Il livello sale ulteriormente con “Stoccolmo”, sembra che i nostri non sbaglino un colpo. Questo brano è un capolavoro che riesce a trasportare l’ascoltatore direttamente in paesaggi psichedelici e cinematici. Ottimo l’uso di slash chords che dimostra che la band sappia il fatto suo in quanto ad armonia.
Con un titolo come “Musica di Tensione” ci si sarebbe aspettati forse un brano con una certa tensione armonica. Questo non avviene purtroppo ma è apprezzabile il momento in cui si intervallano ritmiche in 6 e 7 le quali sicuramente generano tensione. Le sezioni del brano sono tante da perdere il filo conduttore, ma la cosa importante è che i nostri non annoiano mai mentre ci confondono con il delirio. Fa tutto parte del viaggio. Il finale ricorda i migliori Emerson Lake and Palmer.
Eccoci a “Canneto Spaziale” dove le chitarre suonano particolarmente Opeth (complice uno splendido uso del tremolo). Senza tempo l’assolo di sax di Jørgen Munkeby. Inaspettato come la combinazione con il sassofono abbia potuto impreziosire così tanto un sound già completo di suo. Qui abbiamo un’escalation micidiale che con la stessa rapidità crolla in un breakdown colorato da accordi di scuola jazz. E riecco il sax che regala un nuovo momento di pathos. Mitragliata di batteria di Ivan Borsari ed eccoci su un finale tipicamente Tool. Questi signori non scherzano e questo brano è un attacco ai nostri sensi.
Si punta più sul melodico con “Capri”, nonostante il power trio riesca ad attenersi fedelmente allo stile del resto dell’album. A tratti sembra di ristentire i momenti più intimi di certe tracce di Ki dei Devin Townsend Project. Questa traccia evolve poi in una nuova esplosione dove aggressivo e onirico giocano ad armi pari.
“Gianfrankenstein” chiude le danze con l’ultimo eco fantozziano “Alla fine decisione tragica, tordo intero”. Siamo nella terra del math metal imprevedibile dove i riff a ritmiche irregolari sono eseguiti con una precisione maniacale, accompagnati da un tappeto di chitarre effettate sognanti. Uno dei momenti finali è un riff che nella sua semplicità ci ricorda che abbiamo appena finito di ascoltare un album squisitamente heavy metal.
Sono quindi molti gli aspetti per cui possimo davvero apprezzare un lavoro come Tordo. Prima di tutto la totale onestà della proposta musicale. Purtroppo non viviamo in un’epoca in cui un prodotto del genere possa godere di una larga fetta di audience. Anzi, a dirla tutta, forse un’epoca del genere non è mai esistita, per cui ci togliamo il cappello a priori. In secondo luogo la precisione nell’esecuzione, perfetta e umana allo stesso tempo, un tiro micidiale. Infine, il genio dietro alle composizioni. Sarebbe interessante, forse una sfida, vedere cosa riucirebbero a partorire questi folli Vadva aggiungendo un quarto elemento alla voce, con l’inevitabile rischio di inquinare una gemma così brillante.