Recensione: Totschläger (A Saintslayer’s Songbook)
Gli Abigor non hanno bisogno di presentazioni: nascono a Vienna nel lontano 1993 e si fregiano del nome di uno dei più importanti demoni, che occupa un altissimo livello nelle gerarchie dell’esercito infernale e che, secondo la tradizione giudaico-cristiana, torna periodicamente ad infestare la Terra. La band è particolarmente prolifica, realizzando undici album in 27 anni di onorata carriera. A due anni da Hollenzwag, i nostri tornano in auge con questo Totschläger, che rappresenta un passo notevole in avanti e artisticamente un ritorno alle origini. Già, perché la caratteristica principale di questo full-length è proprio il ritorno al passato; non si tratta di “Werwüstung/Invoke The Dark Age” o “Nachthymnen (from the twilight kingdom)”: il suono non ha quell’anima selvaggia e grezza degli anni ’90, ma è più pulito e curato – che poi è un po’ la scelta evolutiva di gran parte dei gruppi sopravvissuti alla seconda ondata del black metal.
Gomontha Rising – Nightside Ribellion apre il disco ed è una canzone bicefala: apertura sinfonica con tanto di violoncello per poi interrompersi e ripartire improvvisamente con l’urlo selvaggio di Silenius. Silent Towers, Screaming Tombs segue un percorso inverso: parte forte, con un massiccio riffing, per poi acquietarsi abbracciando sonorità più ambient, ma è solo un momento, perché l’anima oscura riprende possesso della canzone. Orkblut (sieg oder Tod) ha sonorità più soft, tendenti all’heavy: bellissimo il riff iniziare e la struttura armonica, per il brano più sperimentale dell’intero lavoro. The Saint Of Murder ci riporta verso la struttura più consona agli Abigor, con quelle atmosfere plumbee che caratterizzano il loro sound, lasciando il giusto spazio ai virtuosismi delle chitarre di T.T. e P.K. Scarlet Suite For The Devil è un oscuro omaggio al signore delle tenebre, ed è un brano che sembra registrato in uno dei gironi infernali. La Plus Long Nuit Du Diable parte con un’intro di piano e archi d’atmosfera, interrotta da voci demoniache che fanno accapponare la pelle, pronta a diventare elettrica e a far emergere il lato più oscuro. Tartaros Tides, Flood Of Wrath e Terrorkommando Eligos (altro nome del demone a cui hanno secondo gli scritti di demonologia) riportano la band su sonorità più tradizionali e compatte, dando maggiore sostanza a quest’ottimo lavoro.
Questo è un album molto bello e anche molto complesso, ma ha bisogno di qualche giro in più degli altri per possedere l’ascoltatore; le canzoni hanno delle sonorità articolate, spesso dei cambi talmente accentuati da far credere che si sia passati ad un altro brano, oltre ad alcune sfumature ambient: tutto ciò potrebbe apparire barocco e fine a se stesso, ma fa parte di un arabesco molto più ampio e articolato, ovvero il concept che si sviluppa dietro al loro stesso nome, Abigor, con continui riferimenti alla figura di questo demone, e al loro concetto di satanismo. Musicalmente, il loro black metal prende una strada evolutiva diversa, con queste contaminazioni sinfoniche, unite ad una ritmica sì minimalista, ma con evidenti sfumature heavy, lasciando spazio anche al talento solista delle chitarre. Un passo in avanti dal punto di vista artistico? Non ci resta che attendere il prossimo lavoro per scoprirlo.