Recensione: Trail Of Death
Un album prodotto ad alti livelli, con suoni potenti e puliti, delle song gradevoli all’ascolto e ben costruite, un esecuzione perfetta. Eppure manca qualcosa. Il decimo studio album dei teutonici Wizard, “Trail Of Death”, possiede tutte queste caratteristiche. È innegabile l’apporto dei Wizard al genere durante 25 anni di onorata carriera, ma questo lavoro risulta decisamente scontato specialmente durante i primi ascolti; successivamente la godibilità generale della produzione permette di apprezzarne la meticolosità nelle registrazioni e le esecuzioni magistrali, il tutto condito da un ottimo sound merito di Achim Kohler (Freedon Call, Sodom).
Per quanto concerne i testi, si tratta di un concept album sulla morte. Qui la tematica viene rivisitata sia con uno sguardo ludico, come in “Machinery of Death”, sia serio, come avviene per esempio in “Post Mortem Vivere”.
Le composizioni del quintetto spaziano dalla classica true metal track “Angel Of Death” con una sezione ritmica e basso piuttosto potenti, che risulta però un brano mid tempo non degno di particolare nota, mentre l’altro Angelo dell’album, “Angel of the Dark” è una power ballad di buon valore. L’epic tune “We Won’t Die For Metal” ricorda moltissimo i Manowar, mentre “Black Death” e “Post Mortem Vivere” sono brani decisamente power.
Anche l’opener “Creeping Death” rientra nei canoni power, con una parte ritmica di notevole spessore e un tappeto di batteria molto heavy. Per quanto riguarda “Electrocution” e “War Butcher”, potremmo definirle power ma con una vena trash, mentre “Machinery Of Death” è decisamente più rilassata.
Sono presenti anche sonorità più oscure ma al tempo stesso sinfoniche in “One For All” e “Death Cannot Embrace Me”. Il songwriting appare quindi vario, curato e niente sembra lasciato al caso, anche se manca tuttavia una certa freschezza compositiva e la capacità di reinventarsi.
I Wizard vanno decisamente lodati per l’integrità artistica e la professionalità dimostrata in 25 anni di carriera: temiamo però che questo “Trail Of Death” difficilmente entrerà negli annali della musica. Appare piuttosto come uno specchio dei tempi che furono, come immagine di un buon heavy metal suonato e prodotto egregiamente ma con un songwriting che non si è evoluto. Ed è proprio il songwriting che inevitabilmente spinge l’indice di gradimento verso il basso.
È possibile rimanere fedeli ad un genere (pur amando poco la catalogazione della musica), riuscendo però a far maturare lo stesso con influssi più moderni e di ampio respiro ed inserendo quelle venature ispirate nella stesura dei pezzi che altrimenti risulta un po stantia.
Come dicevamo quindi, questo è un disco decisamente prevedibile e un po’ stereotipato, che crediamo possa essere apprezzato solo dai die hard fans del genere e da coloro che vogliono divertirsi con un po’ di sano headbanging.
Certamente in questo senso “Trail Of Death” sarà ottimo in fase live, ma se si è in cerca di evoluzioni e novità allora questo non è il disco che fa per voi.
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