Recensione: Trailblazer
Vi presentiamo una giovane formazione proveniente dalla Bielorussia, si chiamano Alcyona, e dopo più di sei anni di lavoro e fatica danno finalmente alle stampe il loro album di debutto intitolato ”Trailblazer”. Un progetto nato nel 2012 dal volere di Natalia e Evgeniy Malei, rispettivamente alle tastiere e al basso. A scuola di musica hanno da subito avuto l’attitudine di comporre musica lirica, sinfonica e neoclassica. Successivamente, con l’aggiunta di altri membri, è nato l’embrione che ha portato agli Alcyona, alla creazione di un Power Metal Sinfonico, molto lirico, con chiare influenze di band come Nightwish e Xandria, giusto per citarne alcune. Dopo aver letto le associazioni appena fatte, però, prima di saltare ad affrettate conclusioni pensando di avere tra le mani l’ennesimo clone, dobbiamo avere la curiosità e la pazienza di approfondire questa neonata band est europea. Innanzitutto perché già dalle prime note si evince la serietà e la solidità del suono. Proseguendo nell’ascolto notiamo poi che, nonostante inevitabili analogie e associazioni a gruppi più conosciuti, si distingue la voglia di fare buona musica senza stravolgere i canoni tipici del genere a cui appartengono. Tra le peculiarità della proposta troviamo tanta armonia e una genuina ricerca della melodia, ed è in particolare su quest’ultimo punto che vorrei soffermarmi maggiormente. Negli ultimi anni si nota sempre più la scelta da parte delle band, come ad esempio i Nightwish, di virare le loro composizioni verso un’eccessiva pomposità, con delle orchestrazioni mastodontiche e sfarzose, spesso fini a se stesse, rendendo il tutto più appariscente e meno sostanzioso. Ovviamente questo approccio ha trovato consensi da una parte, ma anche critiche dall’altra. A detta di chi scrive, per esempio, andando avanti nel tempo con un tale approccio si è perso qualcosa, quella genuina ricerca di una pura e semplice melodia, senza troppe sovrastrutture, artifizi e raggiri. Colgo l’occasione per porre l’accento su un’altra recente tendenza, l’uso di sovrapposizioni corali, con l’impiego di più voci in contemporanea che vanno ad accavallarsi alla principale. Con questo non voglio dire che la proposta degli Alcyona è una specie di unplugged, tutt’altro, ma il suono risulta più asciutto e sopratutto il cantato della brava Olga Terentyeva può essere assaporato per quello che è, vista la minore presenza di continui controcanti praticati e abusati ormai da quasi tutte le formazioni più importanti del settore, come gli Epica, ma soprattutto i Nightwish dell’ultimo periodo.
È da questo presupposto che hanno intenzione di partire gli Alcyona con il loro album di debutto, creando quell’incantesimo che proverà ad ammaliare gli ascoltatori con le sue eufoniche armonie. Il primo brano, infatti, si intitola proprio ‘Enchantment‘, ed è proprio quello che ha intenzione di fare: incantare e sedurre con un buon mix tra delicate tastiere e decise ma mai troppo dure chitarre, accompagnate dalle solide percussioni. Con la successiva ‘Dreamroad‘ si alzano ulteriormente i toni, producendo un risultato più solenne e importante, dando cosi alla luce un buon brano Symphonic Power Metal, con cui gli Alcyona non stravolgeranno nulla, ma di sicuro dimostrano di fare sul serio. I prossimi due brani, ‘The Kingdom of Might‘ e ‘Sacred Fire‘, sono molto teatrali e hanno una buona struttura. Il primo è un tempo medio pieno di epici cori e assoli di chitarre, senza però risultare troppo carico di orchestrazioni assordanti. Il secondo, con toni più intimi e pacati, segue la logica di un piacevole racconto. Giunti a metà album i nostri cambiano leggermente l’approccio compositivo, risultando finalmente più coraggiosi e osando qualcosa in più per dimostrare la loro personalità. ‘Osceola‘ è il brano che apre le porte al tentativo degli Alcyona di proporre qualcosa di meno consueto. La canzone si apre con una delicata ballata folcloristica, sostenuta dal suono della balalaica, del flauto e la limpida voce di Olga Terentyeva. Il brano prosegue rialzando i toni, ma nell’insieme ha una struttura molto ricca, variegata e articolata. ‘Memories in the Vessel‘, invece, ci accoglie con un delicato pianoforte proseguendo in uno dei brani più lirici e operistici dell’intero album. Circa a metà brano, dopo un bel assolo di chitarre, troviamo un curioso inserto molto teatrale a suon di clavicembalo: una brillante trovata che regala un brano insolito e curioso. ‘Lost in the valley‘ è un pezzo diretto e molto Rhapsodyano, che spezza quell’insolito incantesimo che si è creato con i due brani precedenti. È una canzone energica, essenziale e piena di virtuosismi, sia canori che strumentali. ‘Circle of life‘ invece torna a regalarci sonorità un po’ meno usuali con il suo intro operistico, che esalta le doti vocali di Olga, regalando un brano solido e pieno di melodie favolose e mai banali. ‘The Kings of Show‘ è il passaggio più orecchiabile e easy del disco, tanta leggerezza e semplicità ci conducono alla chiusura tutt’altro che banale: la conclusiva ‘Моя bесна(My spring)‘, un brano cantato in russo. Presumibilmente è il punto più elevato dell’intero lavoro. Una ballata molto riuscita che incanta e crea quell’atmosfera etnica e misteriosa che ci trasporta in altri mondi e altri tempi. Probabilmente è l’essenza vera di questo ”Trailblazer”: un viaggiatore solitario che attraversa le terre selvagge piene di insidie. Concetto racchiuso in questa canzone, dal sapore etnico, esotico e arcano.
Chiudendo in bellezza, questa neonata band bielorussa ci lascia ben sperare in un fulgido avvenire. Ci sono tutti i presupposti per una giusta crescita progressiva, limando le ingenuità della gioventù, migliorando la produzione, approfondendo ed espandendo il songwriting, rendendolo più creativo e sopratutto osando e rischiando maggiormente, cercando di essere più autentici. Infatti, nei momenti in cui lo hanno fatto, hanno dimostrato degli ottimi risultati. Un perfetto esempio di come tornando al passato si riesca ad essere più innovativi e originali di quanto si possa pensare. Vedremo con il tempo se i ragazzi di Minsk avranno altri ingredienti nella loro bisacca per riuscire a creare un nuovo incantesimo, più potente e convincente di questo già discreto ”Trailblazer”.
Vladimir Sajin