Recensione: Trampled Underfoot

Di Eugenio Giordano - 17 Ottobre 2003 - 0:00
Trampled Underfoot
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Genere:
Anno: 2003
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50

Questi americani Trampled Underfoot sono una band che finalmente giunge alla prima pubblicazione ufficiale dopo lunghi anni di attività a livello underground. Il gruppo si affida totalmente alla mente compositrice del chitarrista Kyle Harrison che nei Trampled Underfoot riveste il roulo di main songwriter e produttore, il nostro è un axeman di chiara estrazione neoclassica con uno stile vicino al primo periodo artistico di Y.J. Malmsteen. Il sound del gruppo spazia tra il metal classico americano dalle tinte melodiche a tratti epiche fino al classico sound neoclassico ricco di digressioni strumentali che enfatizzano la preparazione tecnica ed esecutiva del gruppo. La produzione sonora è senza ombra di dubbio raffinata e consente di apprezzare ogni passaggio musicale di questo platter, ottima anche la prestazione vocale di Shawn Pelata che possiede un timpro tagliente ed energico paragonabile alla voce di Rob Rock. Sotto il profilo della qualità tecnica questo disco non è criticabile in nessun caso, purtroppo il livello compositivo delle canzoni spesso non raggiunge la qualità necessaria a convincere l’ascoltatore, nemmeno dopo molti passaggi. Il disco si apre in maniera magistrale con la bellissima “Merchants of death” che procede su tempi sostenuti e dinamci, le ottime linee vocali possiedono un bel refrain epico e crescente che coinvolge l’ascoltatore fin dal primo ascolto. Peccato che con “Pride will fall” il gruppo cambi completamente registro sfornando uno slow tempo dal sapore rock-oriented che mi rimanda agli ultimi episodi della carriera di Axel Rudi Pell. Molto poco azzeccata “Thunder and iron” è una track strumentale che si basa su un guitar work fluido ma privo di mordente che si basa sulla ripetizione di una serie di ottimi esercizi ritmici svolti con grande perizia e velocità. I Tampled Underfoot ritornano sui livelli della opener con la successiva “Higher” che incomincia con un riffing potente e frontale per poi aprirsi in un break centrale dal forte sapore neoclassico e melodico, il gruppo dimostra una grande preparazione tecnica riuscendo a non scadere in facili ripetizioni, senza ricordare melodie già utilizzate da altre band a loro affini. Anche se meno convincente “Homeward bound” è incentrata su ritmiche dal sapore rock e passaggi di grande spessore tecnico, ma ancora una volta il risultato finale è insipido, anche in questa occasione il gruppo sembra accontentarsi di eseguire una serie di notevoli esercizi strumentali che suonati con velocità e potenza non sembrano poter colmare le lacune compositive del brano. Poco più ispirata “Into the night” è una track diretta e molto frontale, sebbene la band non riesca a raggiungere il valore artistico di “Merchants of death” comunque si rivela un brano molto piacevole e potente. Lunga, prolissa, poco riuscita e decisamente noiosa “Captured” si dilunga per otto minuti tra strofe semiacustiche e inutili impennate ritmiche che confondono semplicemente l’ascoltatore, ci si ritrova guardare il display dell’hi-fi vedendo i secondi che passano. Uno strumentale acustico intitolato “Remembrance” è quanto di più inutile si possa inserire in un disco già di per se scarso di contenuti. Buona “Poseidon’s wrath” è ingiustamente relegata in coda al platter, qui i Trampled Underfoot si dimostrano autori di un bel metal tecnico e veloce che convince in pieno e che aumenta il mio disappunto alla luce di troppi errori compositivi commessi in questo disco. La mia non vuole essere una bocciatura assoluta, perchè mi rendo conto che questo gruppo potrebbe sfornare dell’ottimo metal in futuro, però oggi devo esprimere il mio parere su questi nove brani e sarei scorretto nei vostri confronti se concedessi a questo platter la sufficienza.

1 Merchants of death

2 Pride will fall

3 Thunder and iron

4 Higher

5 Homeward bound

6 Into the night

7 Captured

8 Remembrance

9 Poseidon’s wrath

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