Recensione: Transcendental (Split)
Una delle più enigmatiche copertine del 2015 quella di Transcendal: un neonato, negli abissi marini, adagiato su una sostanza rosa che ha un vago retrogusto di frattaglie e contenuta all’interno di un ostrica di lava solidificata osserva, dandoci la schiena, una farfalla rossa alla presenza di idoli di qualche civiltà sconosciuta, anch’essi di lava. Minaccia, pericolo, inquietudine o forse solo la semplice enigmaticità, fatto sta che la cover dello split tra i tedeschi The Ocean Collective e dei nipponici Mono, lascia l’osservatore sommerso in una marea di sensazioni. E pone in seguito l’attenzione sul fatto che la Pelagic records, dall’uscita di Pelagial, ha fatto dei passi avanti ed ha accolto nel proprio rooster delle band nuove a fianco della creatura di Robin Staps.
Inutile però girare attorno con i discorsi, siamo davanti ad un Ep costituito da due composizioni sforanti ciascuna i 10 minuti. E stiamo pur certi, gran parte del richiamo è fornito, qui in Europa, da una nuova composizione della band tedesca. Bisogna dire che il collettivo, che apre con The quiet observer, intende l’Ep nel senso più stretto della parola.
La composizione infatti fotografa una band che pare essere in una profonda fase di transizione. Apre moltissimi spunti, ha un’impostazione estremamente romantica e malinconica, carica di pianoforti e violini languidi. Apre a molte tonalità sonore che Pelagial aveva lasciato da parte. Per contro, la composizione è dominata da un profondo senso di approssimatività. Le molte idee espresse sono lasciate sul record con qualità audio non eccelsa e senza una particolare rielaborazione, momenti accostati l’un l’altro con un marcato accento di non finito. Si hanno dunque sensazioni che i The Ocean Collective, nel prossimo album, cambieranno profondamente, indizi a non finire, eppure non si è in grado di formulare un quadro chiaro su cosa ci aspetterà nel prossimo album vero e proprio.
La composizione dei Mono invece, attivi peraltro già dal 1999, risulta molto più classica, se classico possiamo definire un leviatano strumentale post metal di 11 minuti. Un pezzo di gran tecnica che ben esemplifica il concetto di post metal, musica rivolta essenzialmente a creare sensazioni e ad entrare nei timpani dopo lunghi ascolti distratti. Personalmente non li conoscevo e, notando che godono di una popolarità non indifferente, ci tornerò su.
Transcendal insomma,oltre che a livello di artwork, si rivela enigmatico anche nel contenuto. Concentrandoci sugli Ocean per quanto riguarda le valutazioni finali (come prima, sono loro il fulcro dell’attenzione) , è indubbio che il genio di Robin Staps sia ben lungi dall’estinguersi, la questione piuttosto è capire quanto ci vorrà per un nuovo parto del collettivo tedesco e, di conseguenza, capire se l’intenzione di tale album sarà dare forma salda e definitiva al calderne di idee messo in tavola con questo estemporaneo split. Un work in progress, un esperimento a buon punto, ma ancora lontano dal potersi definire finito.