Recensione: Transgression
Quinto album in carriera per gli austriaci Scarecrow N.W.A. (New World Annihilation). Missato, masterizzato e registrato presso i Pantheon Recording da Georg Walt, “Transgression” dovrebbe rappresentare, nelle intenzioni della band, un punto fermo da cui ripartire dopo “Ishmael” (2009). A seguito, cioè, dell’abbandono del tastierista Orestis e della scelta di raddoppiare la chitarra con Gsputi.
Una scelta che ha senza dubbio irrobustito l’ossatura di un sound comunque possente e d’impatto, togliendo al contempo personalità e di profondità. “Transgression”, difatti, non presenta nulla né di originale né d’innovativo. Nel campo del melodic death metal qualcosa che suoni in maniera analoga si trova con irrisoria facilità. Anzi, l’innesto di una seconda ascia a sei corde pare avere aggravato la mancanza di progressività insita nel lavoro, giacché non si contano gli arzigogoli e orpelli melodici della lead guitar che, pur essendo carini, sanno di dejà-vu in modo addirittura stucchevole.
L’opener “MMXII” pare proprio essere l’emblema di questa mancanza di carattere, con il suo incedere sì potente ma povero d’idee; non solo annoiando con le sue armonie già sentite, ma addirittura infastidendo per la loro sdolcinata dolcezza. Pure Bernd K., anche proponendo una prestazione priva di errori e incertezze, graffia con un growling tedioso e monocorde, impossibile da riconoscersi in mezzo alle migliaia di altri simili sparsi in tutto il Mondo. L’accoppiata Alex D./Gsputi si allinea a questa filosofia artistica del vacuo costruendo un riffing in cui riesce difficile trovare delle battute a vuoto ma, ahimè, anche un minimo di soluzioni differenti dalla solita routine. Pure la sezione ritmica Oliver R./Stef K. pare accodarsi all’andazzo generale, non perdendo mai un colpo nella sua completa invisibilità.
A volte chi non rischia nulla in termini di ricerca, proponendo quindi sonorità prive di barlumi evoluzionistici ma collaudate e sicure, concentra tutto sul songwriting; riuscendo a tirare fuori – magari – qualche canzone degna di nota. Il quintetto di Graz, invece, sembra essere incapace di percorrere anche questa strada. Non solo allunga esageratamente il brodo con delle song troppo lunghe se rapportate al talento compositivo, ma non riesce praticamente mai a portare il colpo al volto. La title-track “Transgression” ribadisce, subito dopo la scarsa “MMXII”, questo concetto, fra soli di chitarra triti e ritriti e noiosi passaggi che sembrano essere lo svolgimento di compitini obbligatori.
Eppure, ed è qui che è paradossalmente evidente il peccato mortale degli Scarecrow N.W.A., gli incipit dei vari brani, come per esempio in “Self-Enslavement”, non sono affatto male. È la canzone vera e propria, difatti, che viene poi sviluppata inadeguatamente; lasciando per ciò l’amaro in bocca per qual che sarebbe potuto essere e che, invece, non è stato. Per peggiorare le cose, poi, emerge costantemente quel sapore thrashy che, senza tentare nulla di nuovo, rimanda alle strutture-base del sound degli Slayer. Comunque sia, procedendo con l’ascolto del disco non si rischia mai di incappare in qualche sorpresa. Basta poco, e nello specifico i primi due/tre pezzi, per avere cognizione completa di quello che siano in grado di fare i mitteleuropei; peggiorando a volte una media già scarsa con song assolutamente anonime del tipo di “Technology Of Death”.
Gli Scarecrow N.W.A. e il loro “Transgression” che di trasgressivo non ha nulla, insomma, lasciano davvero l’amaro in bocca. La fatidica e forse crudele domanda «ma come hanno fatto questi qui ad avere un contratto discografico?» balza in mente, come un tormento, durante tutti i sessantadue (sic!) minuti di durata del platter. Anch’essi, un tormento.
Daniele “dani66” D’Adamo
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