Recensione: Transylvanian Dreams
Può un disco nascere dall’ammirazione per i pensieri e le opere di un personaggio storico della scena black norvegese? Certo che può, soprattutto se costui è Dead, di cui non serve dire altro che non sia il nome.
Gli ungheresi Tymah intendono omaggiare, con un emblematico “this album is dedicated to Dead and to His Evil Black Art”, proprio l’arte del defunto singer, suonando puro true black ispirato da Mayhem e Darkthrone. Il merito di supportarli va alla No Colours, forte d’aver scovato in Ungheria una band che sembra rimasta nel congelatore dagli anni ’90, pronta a liberare la stessa carica primordiale degli anni d’oro.
A guidare il gruppo la female vocalist Dim, incazzata sputa-odio posseduta dal pathos ed irrispettosa verso le proprie dilaniate tonsille, che non va per il sottile nemmeno nel momento di scrivere i greetings del booklet, con i quali dispensa ben pochi elogi alla scena del suo paese.
Dim è uno dei nodi nevralgici dei i brani dei Tymah, ai quali dà un tono truce con urla sgraziate in lingua ungherese, diventando terribilmente fascinosa quando sembra strillare come una bestia posseduta, nascosta in un punto imprecisato della macchia che costeggia le lugubri spianate descritte dal disco.
Transilvanian Dreams va ascoltato alla luce lunare, guardando le foreste tetre e le oscure montagne che fanno da soggetto ai testi; Transilvanian Dreams vive del lato tetro di ciò che di giorno sembra innocuo e di notte assume sembianze inquietanti, ma soprattutto della voglia di darvi voce con il rispetto che si ha per il proprio culto. Da qui l’indugiare su lunghi riff veloci ed ispirati, doppia cassa ad accentare le ritmiche ed azzeccati mid tempos trascinanti, tutti cardini di composizioni che lasciano spazio anche all’immedesimazione. Solo con essa si potrà immaginare la bestia dannata ed assetata di sangue umano nascosta tra la fitta boscaglia di “Erdély”; solo così si godrà di “Holdlény”, lunga corsa su velocità medio alte mentre la distorsione delle chitarre inchioda il sudore al viso e la doppia cassa prepotente scandisce i tempi dell’avanzata.
I Tymah mi hanno sorpreso perché da un nome nuovo non mi sarei atteso un lavoro “tutto feeling nero” tanto indovinato, che riesce a salvarsi quasi sempre grazie al suo spirito, anche quando sembra mancare un po’ di sintesi nei riff vagamente dispersivi. Ne può essere esempio un brano interlocutorio come “Öregmocsár”, sempre di buon livello ma un pò perso nella lunghezza probabilmente eccessiva.
Davvero godibile questo Transylvanian Dreams, a tratti esaltante, calice dannato colmo d’amore per i paesaggi gelidi e foschi, traboccante astio per ogni forma di luce, vita e positività, del quale non riesco a stancarmi malgrado ormai lo conosca a memoria.
Tracklist:
01. Átoklátomás
02. Erdély
03. Vihar
04. Transilvanian Dreams
05. Holdlény
06. Öregmocsár