Recensione: Travel [EP]
Torna Mauro Patti, giovane batterista di Agrigento che abbiamo conosciuto meno di un anno fa con il suo The Southern Project. In quell’occasione il musicista siciliano si era cimentato in un concept album che vedeva la presenza di diversi ospiti, un lavoro piuttosto impegnativo per un disco d’esordio. Oggi Mauro pubblica Travel, un nuovo EP da solista, che, pur senza cambiare genere, sembra abbastanza distante dall’album precedente. Questa volta si tratta di cinque brani strumentali in cui Mauro suona tutti gli strumenti, senza affidarsi ad altri musicisti, con l’intento di guidarci in un vero e proprio viaggio sonoro.
“Clouds” comincia in punta di piedi con gli strumenti che entrano uno alla volta, introducendo l’EP in modo vagamente misterioso, senza lasciar capire subito cosa arriverà dopo. Le poche note conclusive si legano alla successiva “Sunburst”: qualche secondo di quiete e parte un susseguirsi di riff che oscillano tra l’alternative e lo stoner, con il ruggito tipico della accordature abbassate. La parte centrale riporta un po’ di calma e richiama quell’atmosfera da trip che è il fulcro del l’intero lavoro, soprattutto grazie all’uso degli effetti di modulazione sulle chitarre. Ascoltando i momenti più spinti si nota anche un miglioramento nella produzione rispetto al primo album, i suoni sono più definiti e il risultato generale è molto più godibile. “Egg Lantern” è forse la traccia più scanzonata, in particolare nella prima metà, che parte con un riff carico e movimentato, seguito da un divertente accenno di blues. Si passa poi a una sezione che a tratti può ricordare i Tool nei loro giri più ipnotici per arrivare a un finale epico e minaccioso, uno dei momenti migliori senza dubbio. Ci avviciniamo alla fine del viaggio con “Tritone”, il brano più prepotente, che mostra subito alcuni dei riff più riusciti. E se in questo pezzo non c’è neanche un attimo per rilassarsi, ci pensa l’ultimo brano a calmare le acque, come suggerisce il titolo, “Quiet Please”. Un piano elettrico dal suono morbido e ovattato ci riporta subito alla mente il jazz-rock degli anni ’70, e guida gli ultimi minuti dell’EP lasciando a ogni strumento lo spazio per un piccolo assolo. Molto buona qui la prestazione di Mauro dietro alle pelli, che dimostra di non essere solo un batterista metal, ma di trovarsi a suo agio anche con un arrangiamento jazz.
Quello che colpisce di più di Travel è il salto di qualità rispetto all’album precedente: non che prima mancassero gli spunti, ma il disco del Southern Project sembrava ancora piuttosto acerbo sotto diversi aspetti. Con questo nuovo lavoro invece si sente una maggior sicurezza nelle composizioni oltre che, come già accennato, un miglioramento nei suoni. I pezzi sono più convincenti, scorrono meglio, ed è piacevole lasciarsi trascinare in questo viaggio strumentale che sembra partire dal nulla, costruire man mano sensazioni e immagini e disfarle dopo aver raggiunto il picco. Insomma un lavoro abbastanza diversificato ma coerente al tempo stesso. Complimenti Mauro, continua su questa strada!