Recensione: Trial By Fire
1986-1996. Dieci anni nell’arco della storia dell’umanità non sono niente. Ma se visti nell’ottica di un gruppo musicale, costretto per vari motivi a nascondere il proprio nome, dopo aver letteralmente scritto pagine di storia, equivalgono nientemeno che all’eternità.
È così che gli straordinari Journey, autori del più autentico ed influente Adult Oriented Rock che l’orecchio umano si sia mai sognato di udire, si sono ritrovati all’improvviso a cadere nel silenzio. Con tre super album pubblicati tra 1981 e 1986 – “Escape”, “Frontiers” e “Raised On Radio” – la band californiana ha posto le basi di un genere che spopolava nel lungo corso di quel decennio irripetibile, esibendosi nei palchi di tutto il mondo, a cominciare dalla “loro” America, fino a strizzare l’occhio al sempre ricercato territorio giapponese.
Ma dopo il tour di supporto a “Raised On Radio” (terzo capolavoro consecutivo, parte imprescindibile della più grande trilogia del rock melodico, anche se da molti ingiustamente sottovalutato), le strade del quintetto di San Francisco si separarono, oserei dire anche in modo inaspettato. Se Steve Perry – autentico mattatore degli anni ’80, simbolo e icona di un certo panorama musicale – accusava problemi alle corde vocali, Neal Schon preferì prima fondare i superbi Bad English assieme al fedele Jonathan Cain (mostruosi nel loro debutto omonimo del 1989) per poi dedicarsi agli hard rockers Hardline (sul mercato con “Double Eclipse”, pietra miliare), mentre Ross Valory e Steve Smith si legarono ai seminali The Storm (“Eye Of The Storm”, 1992, altro capolavoro).
Nel 1996, però, ecco la notizia che tutti i fan aspettavano (e sognavano) da tempo: i Journey tornano in pista, e per giunta con la formazione del mastodontico “Escape”. I cinque – Steve Perry (voce), Neal Schon (chitarra), Ross Valory (basso), Jonathan Cain (Tastiere) e Steve Smith (batteria), quindi – accompagnati in cabina di regia dall’esperto produttore Kevin Shirley (Iron Maiden, Dream Theater, Rush, il quale si confermerà poi anche per le uscite successive), danno alla luce l’atteso come back: “Trial By Fire”.
Il lavoro è l’ennesima dimostrazione del famoso detto “la classe non è acqua”. Nemmeno una decade intera è riuscita a riempire di ruggine i cinque compositori americani, i quali, al contrario, si confermano ulteriormente come la più grande compagine che il rock melodico abbia mai conosciuto. Le intenzioni di puntare dritto al cuore dei fan sono subito evidenti: “Message Of Love”, “One More”, “If He Should Break Your Heart”, “Forever In Blue” e “Castles Burning” riscaldano l’anima e, al contempo, riempiono il cuore di rimpianti al pensiero di quanto questo gruppo straordinario ci sia mancato, e di quante altre perle avrebbero potuto regalarci in quel lasso di tempo perduto. È una sensazione piacevole e malinconica assieme, che viaggia sulle note di “Don’t Be Down On Me Baby”, “Still She Cries”, “Colors Of The Spirit”, “Can’t Tame The Lion” e la title-track (caratterizzata da un curioso intermezzo in pieno stile reggae), riportando alla memoria quelle atmosfere dolci e spensierate di un tempo che fu, pieno di fasti e di melodie gloriose.
Come al solito, il classico Journey-sound emerge in tutto il suo splendore nei momenti più toccanti: sono “When I Think Of You”, “Easy To Fall” e “It’s Just The Rain” a far scendere qualche lacrimuccia.
Capitolo a parte per “When You Love A Woman”: era dai tempi di “Open Arms” e “Send Her My Love” che non si sentiva così tanta passione, dolcezza e romanticheria; un pezzo che entra di diritto tra le più belle ballate degli ultimi 15-20 anni.
Se quindi, da un lato, ci si rammarica per l’assenza dei Journey in un periodo cruciale – tra la seconda metà degli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90 – dall’altro si torna ad esultare, non appena il nostro orecchio si trova a riscoprire quel feeling unico con i riff di Schon, l’ugola d’oro di Perry e le tastiere di Cain.
“Trial By Fire”, quindi, non può che essere considerato come uno dei prodotti più riusciti degli interi anni ’90 (decade di forte crisi ed incertezze musicali, da non dimenticare), nonché come la rinascita di una di quelle band che di più hanno marchiato a fuoco il loro nome nel sacro libro della storia del rock.
Bellissimo.
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Tracklist:
01. Message of Love
02. One More
03. When You Love A Woman
04. If He Should Break Your Heart
05. Forever In Blue
06. Castles Burning
07. Don’t Be Down On Me Baby
08. Still She Cries
09. Colors Of The Spirit
10. When I Think Of You
11. Easy To Fall
12. Can’t Tame The Lion
13. It’s Just The Rain
14. Trial By Fire
Line Up:
Steve Perry – Voce
Neal Schon – Chitarra
Ross Valory – Bassoù
Jonathan Cain – Tastiere
Steve Smith – Batteria
Additional Musicians:
Paulinho Da Costa – Percussioni