Recensione: Tribute to the Devil’s music

Di Alberto Fittarelli - 6 Giugno 2003 - 0:00
Tribute to the Devil’s music
Band: Acheron
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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50

Gli Acheron sono un altro gruppo “culto” proveniente dagli USA: satanici fino al midollo (o almeno così vogliono apparire), i nostri incentrano la loro proposta su di un death metal abbastanza semplice e grezzo, fortemente debitore dei primi Death e di altri prime movers come i Possessed, per fare un nome. Ora la greca Black Lotus si prende il disturbo di raccogliere in un solo album tutte le cover registrate nel corso degli anni dalla band (che, lo ricordo, è attiva sin dal lontano 1988).

C’è da dire che da un’etichetta relativamente piccola come quella succitata non mi aspettavo certo il packaging del tipo proposto con questa release, davvero curato e completo, seppur infarcito dei più biechi luoghi comuni del metal satanista, con corna che spuntano da ogni dove sulla cover e sul retro del CD; ma tutto ciò è in piena sintonia con la raccolta di canzoni qui presente, tutte con testi all’insegna del culto diabolico: sfortunatamente, però, la scelta cade quasi sempre su nomi iper-sfruttati nella scena metal, e le versioni che gli Acheron si piccano di farci ascoltare dei loro pezzi non si discostano certo più di tanto dal sound originale, se non quando cadono improvvisamente nello scempio più totale. E’ il caso ad esempio di Devil’s Child, di Priestiana memoria, qui completamente rovinata da vocalizzi death che, come dice lo stesso cantante Vincent Crowley nelle note di commento, costituiscono un insulto al lavoro svolto a suo tempo da Rob Halford; ora, non si capisce a questo punto il perchè della scelta di riproporre il pezzo, a meno che non ci abbandoniamo alla disillusione riguardo alle logiche di mercato…

E purtroppo la qualità non migliora granchè neanche nei restanti pezzi: dall’opener Black Sabbath, di cui è inutile dire qualcosa, a War Machine dei Kiss, passando per Iron Maiden (Wrathchild), Bathory (Raise the dead), Venom (Countess Bathory), Mercyful Fate (Room of golden air) e così via, l’obiettivo sembra sempre quello di realizzare un improbabile karaoke con voci death/black su basi pressochè inalterate rispetto all’originale. Unici momenti di miglioramento si riscontrano nella cover dei Celtic Frost, Dawn of Meggido, con un buon lavoro alle tastiere, ed in quella del classicissimo Evil Dead, direttamente dal primo album dei Death; qui la band sembra realmente convinta e lascia intravedere qualche buono spunto.
Per il resto, però, continuo a non comprendere quanto potrà vendere un prodotto di questo tipo, che non contiene inediti, ma solo pezzi già sparsi qua e là lungo tutta la discografia della band; che non propone nulla di personale, ma solo mediocri rifacimenti di titoli che già si conoscono a memoria; che infine può farsi notare quasi solo per la presenza, su alcune canzoni, dei batteristi Richard Christy e Tony Laureano, divenuti poi decisamente più famosi rispettivamente con Death e Nile. Se proprio amate questo gruppo aspettate il loro imminente nuovo album.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Black Sabbath
2. Evil Dead
3. Dawn of Meggido
4. Wrathchild
5. Flag of hate
6. (Don’t need) religion
7. Room of golden air
8. War machine
9. Raise the dead
10.Devil’s Child
11.Countess Bathory
12.Ave Satanas

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