Recensione: Trinitas

Di Daniele Ruggiero - 21 Febbraio 2017 - 0:00
Trinitas
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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72

I Brutal Unrest hanno architettato una ragnatela perfetta e funzionale capace non solo di affascinare, ma di catturare una miriade di prede. Nel buio di una cripta il quintetto tedesco ha tessuto, con estrema maestria, una trappola inevitabile di puro e spietato death metal. I punti di ancoraggio di questa superba struttura sono aggrappati alla solidità sonora plasmata dai maggiori gruppi della scena death del passato e del presente. Dai Deicide agli Aeon, dai Suffocation ai Cryptopsy, si diramano massicce linee guida composte da un sound granitico e violento. L’intelaiatura è sormontata da vibranti riff e assoli di chitarra che ne aumentano la resistenza, completando così un’opera geometricamente perfetta.

“Trinitas” non va alla ricerca dell’innovazione ma applica, con cura e determinazione, le regole necessarie per sviluppare al meglio un death metal intenso e corrosivo. Il successore di “Nemesis” (2012) presenta nove brani di notevole caratura compositiva che tengono a distanza la monotonia, una bestia indomabile spesso accostata al genere.

Nonostante la trappola sia ancora avvolta dall’oscurità dell’underground, possiede un’impressionante attrazione fatale capace di stregare qualsiasi preda si trovi nei paraggi. Chiunque finisca tra le grinfie della creatura Brutal Unrest viene travolto da martellanti morsi velenosi e da brutali spasmi incontrollabili. La voce gutturale della belva si scaglia con fervore sulle trame metalliche della ragnatela enfatizzandone la ferrea tenuta.

All’interno del disco i ritmi rimangono sempre sostenuti, i blast-beats incessanti la fanno da padrone, mentre le chitarre rispettano meticolosamente il proprio ruolo. La sei corde solista si intreccia alla ritmica rocciosa disegnando persino linee più melodiche come accade nella strumentale ‘Cotardious’. Ogni brano possiede una struttura sonora possente in grado di mutare la propria identità virando verso graduali accelerazioni e cadenzati rallentamenti che ne accrescono il valore. ‘Pathogenic Nation’, ‘Sarcophagus’, Aftermath’ ed ‘Enslaved by Hate’ ne sono la prova lampante, mentre la finale ‘Covered by Black’ evoca addirittura il tipico sound dei polacchi Behemoth. 

Giunti alle porte dei quindici anni di carriera, dopo aver calcato palchi insieme a band del calibro di Vomitory, Aborted, Vile, Fleshcrawl e altre ancora, i Brutal Unrest si candidano, con questo nuovo album, ad aggiudicarsi un posto di prestigio nel putrido mondo del death metal. La Hammerheart Records ancora una volta ci ha visto lungo trasformando il suo inconfondibile logo in un autentico marchio di garanzia.

Non vi resta che gettarvi nel vuoto, la ragnatela di “Trinitas” vi salverà dal baratro opprimente del silenzio. 

Daniele Ruggiero

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