Recensione: Triumph and Power
70
Puri e solidi come un ghiacciaio, i Grand Magus fieramente proseguono la propria scalata alle vette dell’heavy metal più incontaminato. Dal precedente “The Hunt”, che tra l’altro ha sancito la nascita del sodalizio con Nuclear Blast, il trio svedese ha sostituito buona parte delle influenze doom che ne segnarono gli i primi passi con un robusto hard rock quale appoggio primario al metallo degli anni ottanta, terreno d’azione privilegiato.
Nonostante la bontà del summenzionato lavoro, quest’evoluzione ne ha diviso i seguaci facendo storcere più di una bocca, visto che titoli come “Grand Magus”, “Monument” e soprattutto “Iron Will” avevo fatto sussultare i cuori degli appassionati del heavy/doom epico.
Ma tant’è, la scelta per quanto invisa ad alcuni è condivisibile ed ha inoltre portato i Grand Magus ad una notorietà per certi versi inaspettata.
Bene, ma in soldoni, cos’è cambiato? Presto detto: composizioni più lineari ed asciutte, una costante ricerca della melodia, predilezione per i mezzi tempi e cori enfatici vanno ora ad unirsi ad un riffing sempre di primissimo ordine.
Quanto testé detto, è pienamente confermato dal nuovo “Thiumph and Power”, ineluttabile passo successivo nel cammino di JB Christoffersson e soci.
Anche in questo caso, i pezzi più spinti sono in netta minoranza e si restringono praticamente a due, le peraltro ottime “Dominator” e “The Naked and the Dead”, mentre la parte da leone la fanno i mid-tempos, anthemici come non mai nella loro storia.
Esempi lampanti sono la stessa “Triumph and Power”, “Fight” e ancora “Steel versus Steel”, canzoni corazzate dall’incedere maestoso ed imponente, dove lo spettro dei Manowar aleggia prepotente, soprattutto nei ritornelli.
Come due parentesi ad abbracciare il disco, “On Hooves of Gold” e “The Hammer will bite” riecheggiano invece del passato del gruppo: due brani di epic metal d’antan, strabordanti di pathos e genuina passione, un bel modo per “riappacificarsi” con i primi sostenitori degli svedesi, qualora ce ne fosse bisogno, chiaro.
Ottima come ormai da tradizione la prova di JB. L’ex cantante dei Spiritual Beggers è protagonista di una prestazione vocale meno sopra le righe del solito ma allo stesso modo semplicemente perfetta nell’interpretare le suo ormai classiche liriche pregne d’orgoglio vichingo. Allo stesso tempo, la chitarra risulta il contraltare ideale delle corde vocali, i suoi riff foderati d’acciaio armano ogni traccia e anche negli assoli ogni nota è al proprio posto, senza inutili onanismi da primo della classe.
C’è da dire che con Ludwig Witt alla batteria e Fox Skinner al basso, il trio può contare su una sezione ritmica coriacea e saldissima ed inoltre pare aver finalmente trovato le coordinate più adatte alla propria dimensione artistica: insomma l’amalgama dei nordici è saldissima.
Tirando le somme, “Triumph and Power” è l’ennesima conferma per quest’ottima band, un ascolto caldamente consigliato a tutti gli amanti dell’heavy metal classico e chiaramente a tutti coloro che hanno già apprezzato le gesta dei Grand Magus.
Matteo Di Leo.
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