Recensione: Tunes of War
Uscito nel 1996 sotto le insegne della GUN Records, Tunes of War è , oltre al miglior disco dei Grave Digger insieme a “Knigt of the Cross”, l’inizio di una maestosa trilogia epica, che porterà i Grave Digger, che dalla loro fondazione nei primi anni ’80 fino al primo lustro dei ’90 avevano fatto dell’heavy speed metal (quasi al limite del thrash) il loro cavallo di battaglia, in una nuova dimensione della loro fortunata carriera musicale. Infatti non solo la trilogia “Tunes of War”, “Knights of the Cross”, “Excalibur” è, penso, il punto più alto della carriera di Chris Boltendahl e compagni fino ad ora, ma soprattutto, nonostante questi 3 concept album fondamentalmente c’entrino poco o nulla l’uno con l’altro a livello di Background (si parla degli Scozzesi, delle Crociate e del mito di re Artù), le loro basi rimangono indissolubilmente legate l’una all’altra in modo da far dire che se non si hanno tutti e tre in fondo in fondo è come non averne nessuno. Sbaglierò ma io la vedo così. Parlando di tecnica, “Tunes of War” e’ ovviamente, come da migliore tradizione degli “scavatori di tombe” una vera e propria cascata di metallo fuso pronto a colare addosso a chi ascolta, senza però rinunciale a una melodia globale molto valida e dedita a creare una atmosfera, che io consiglio, se ascoltata con attenzione, porta direttamente sui dolci pendii scozzesi, in mezzo a soldati, cornamuse e sangue. Nel complesso dell’album, prendendo in esame le singole parti, la chitarra e la voce di Chris la fanno da padroni, la prima a regalarci eccellenti riff, assoli e ritmiche, la seconda come sempre, negli album precedenti, tenuta a livelli altissimi di qualità, con tonalità alta ma nello stesso tempo roca (la caratteristica principale della voce stessa possiamo dire) e che si produce in urla eccezionali in “braveheart” tanto per fare un esempio di una canzone dove la voce la fa da padrone. Dopo chitarra e voci non vengono altri strumenti tipi del metal, ma paradossalmente atteso visto il tema del Cd, viene la cornamusa, che sebbene non presente in tutti i pezzi, dove è presente regala veramente attimi di emozione palpabile e vibrante (clamoroso e di stordente bellezza l’assolo delle cornamuse presente in Rebellion). Batteria e Basso sono presenti, ma soprattutto il basso sono a volume molto più basso dei precedenti strumenti citati. Nel complesso i brani, che ora passerò a esaminare più in dettaglio, si ottengono parti ritmiche piuttosto lineari e veramente “Metalliche”, in pieno stile Grave Digger, e eccellenti Refrain, molto spesso cantati in coro, tra cui spicca come sempre la voce del solito Chris.
Ok, dopo aver dato una generale infarinatura su cosa un acquirente possa trovare in questo “Tunes of War”, vediamo di percorrere brevemente insieme questi circa 53 minuti e mezzo di capolavoro musicale.
L’album si apre con l’intro “The Brave” (tratta dall’Inno Nazionale Scozzese) una intro degna dove , dopo i primi secondi iniziali che, a mio avviso assomigliano all’inizio della sigla di “Star Trek” (ok, ok adesso potete staccarmi la testa con una accetta, sia voi che gli scozzesi) la fanno da padrone le cornamuse che subito ci fanno capire l’ambiente dove siamo capitati, ovvero la penisola Britannica del Basso Medioevo, (sotto il regno di Plantageneto e soci) e che, man mano che allo strumento si aggiungono gli altri strumenti, ci accompagna in fade a “Scotland United” che si apre con un urlo (tremendo e neppure il migliore) di Chris, che fa anche un mezzo falsetto in qualche pezzo di canzone, seguito magari da un gutturale abbassamento vocale. L’esecuzione è precisissima in potenza e epicità e il refrain e molto potente e cantato, come già anticipato, in coro.
Finita Scotland, si passa per “The Dark of the Sun”, una canzone da vero Truemetal, per arrivare alla terrificante (in positivo) “William Wallace (The BraveHeart)”. La chitarra iniziale del pezzo inizia subito a delineare in una melodia triste e allo stesso tempo che infonde coraggio per qualche decina di secondi, e poi esplode in uno speed veramente ottimo che porta a sua volta al refrain consistente in un delizioso coro epico quasi “Blindguardianesco” che delizia l’ascoltatore. Bello anche l’assolo che parte con un sottofondo di cornamuse e spade nel pieno della pugna .
Superato anche il braveheart arriva la pesante, lenta e minacciosa “The Bruce”, a sua volta seguita dalla incalzante “The Battle of Flodden”, e dalla stupenda “The Ballad of Mary”, una mezza ballata dove la musica fa davvero sognare a occhi aperti le più intime passioni, brucianti e al limite del proibito, quello che i puristi oggi chiamiamo “scandalo”. Uno dei pezzi più delicati, meno potenti, melodici, e belli del disco. Finita anche la ballata di Mary, si hanno “The Truth”, canzone dal refrain coinvolgente e dall’assolo molto acuto ma che perde un po nel resto dei particolari rispetto alla media dell’album, la velocissima e a mio avviso però non trascendentale “Cry for Freedom”, e la possente e, tanto per cambiare, epicissima “Killing Time”. Poi però si cambia pagina e registro, perché arriva la canzone che ormai è l’inno dei Grave Digger, ovvero “Rebellion (the clans are marching). La canzone parte subito con dei riff di chitarra esaltanti nella loro semplicità ma sostanza e dal coro ormai storico “The clan’s are marching `gainst the law, Bagpipers play the tunes of war, Death or glory i will find, Rebellion on my mind”. Superba sia la ritmica, sia il refrain, gli assoli di chitarra e cornamuse descritto a metà di questa recensione, tutto insomma. Una grandissima canzone, da storia dell’Heavy Metal (e della quale è stato fatto anche un eccellente video). Dopo la perla dell’album arriva la discreta Culloden Muir e con la delicata outro “The fall of the brave” si chiude davvero un album eccezionale. Sinceramente non so se il mio album preferito di uno dei miei gruppi favoriti sia “Knights of the Cross” oppure questo “Tunes of War”, sicuramente sono ambedue superiori alla terzo atto della trilogia, ovvero “Excalibur”. Forse Knights ha alcuni singoli pezzi più belli di questi di “Tunes of war” che però come qualità media risulta forse superiore. Comunque sia questi tre concept album sono da acquistare a occhi chiusi (e portafogli aperto ma non troppo) da chiunque si consideri un ascoltatore di Metal, perché sono necessari ecco tutto. Lunga vita ai Grave Digger!
Riccardo “Abbadon” Mezzera
- The Brave (intro)
- Scotland United
- The Dark of the Sun
- William Wallace (braveheart)
- The Bruce
- The Battle of Flooden
- The Ballad of Mary (queen of scots)
- The Truth
- Cry for Freedom (James the VI)
- Killing Time
- Rebellion (The Clans are marching)
- Culloden Muir
- The Fall of the Brave (outro)