Recensione: Turbo
Etichettato spesso come il più commerciale album dei Priest, Turbo rimane (al di là delle opinioni personali) un passaggio di gran rilievo della storia dell’HM e soprattutto della carriera di Tipton e compagni.
Subito la domanda che ci poniamo è “perché i Judas Priest, dopo un album ultra-metallico come “Defenders of the Faith” e relativo tour mondiale, se ne uscirono fuori con un album frizzante, spensierato, colorito e leggero come “Turbo”?”
La risposta a questo quesito non si può riassumere in una sola frase, dato che le motivazioni che hanno dato vita a questo album sono molteplici.
Iniziamo col dire che Tom Allom (storico produttore dei Priest) e i due axeman della band erano molto interessati all’uso dei metodi di registrazione in digitale (che all’epoca erano appena usciti) e delle synth-guitars; decisero quindi che questi fattori avrebbero contribuito alla realizzazione del prossimo album dei Judas Priest.
A questo si aggiunge che dopo il “Defenders of the Faith World Tour” Glenn Tipton e K.K. Downing vissero un fertile periodo di grande ispirazione, in cui composero tante canzoni (molto diverse tra loro) da poter registrare un doppio album, variegato all’interno della sua tracklist e molto differente dai predecessori.
Inizialmente questo progetto prese il nome di “Twin Turbos”, titolo ispirato nientemeno che dall’acquisto di due Porches Turbo da parte di Tipton e Downing. Comunque l’idea di pubblicare un doppio album così eclettico non piacque poi tanto alla CBS, così i Judas Priest scelsero nove dei brani composti per dar vita al nuovo album, “Turbo” quindi…uno solo.
I brani rimanenti finirono sul successivo “Ram It Down” ed altri come bonus nella collana “The Remasters”.
Un paio rimangono tutt’oggi inediti.
Tornando alla domanda iniziale… facendo un attimo un resoconto: la CBS contava molto di aumentare il successo commerciale del gruppo con il nuovo album, i Judas Priest dal canto loro volevano fare qualcosa di differente rispetto al passato, erano disponibili nuove tecniche di registrazione, sorgeva la necessità di dare un taglio diverso al successivo tour mondiale…insomma, tutti questi fattori si amalgamarono insieme e dettero vita ad un album imprevedibile, decisamente controverso, di grande spessore tecnico e di immensa rilevanza per la carriera dei padri dell’Heavy Metal.
Fatta questa lunga ma doverosa premessa, passiamo ad una descrizione sommaria dell’album: come già anticipato, “Turbo” è un album dai suoni freschi, melodici, frizzanti, solari, che potrebbe risultare ad un primo acchito difficile all’ascolto per via delle chitarre sintetizzate…ma vi assicuro che dopo qualche attento ascolto rivaluterete di molto ogni singola traccia di questo lp.
La cosa che più colpisce di quest’album al di là delle sonorità, è la geniale qualità della composizione dei brani: un qualcosa di veramente interessante e piacevolissimo da ascoltare; complice soprattutto uno sfavillante guitar work e prestazioni senza eguali di Rob Halford.
Se si supera lo shock da “assenza di metallo”, l’ascolto di questo disco risulta gradevolissimo ed altrettanto piacevole. Come si fa allora a non rimanere catturati dalle splendide atmosfere dell’opener “Turbo Lover”, o dalla coinvolgente rapidità passionale di “Locked In” o magari l’esuberanza di “Wild Night, Hot and Crazy Days”?
Quasi impossibile direi. Come già detto, la tracklist (sebbene ridimensionata rispetto al progetto iniziale) risulta molto variegata, ricca di gioielli di melodia e perizia tecnica da urlo.
Ad esempio “Out In the Cold”, senza nulla togliere al resto, è un vero capolavoro, poco importa che siano assenti riff ultraveloci o ritmiche spaccasassi; di canzoni tanto belle ne esistono poche, veramente qui i Priest toccano livelli inimmaginabili di espressività e genio artistico. Con quello che canta qui Rob Halford, il Metal God mette una linea di demarcazione tra lui e tutti altri.
Insomma questo è un gran bell’album, sperimentale e articolato, che diede fase ad un periodo stupendo dei grandi Judas Priest: sebbene deluse non pochi fans (tra cui un certo Tim Owens, come ha rivelato lui stesso) ne acquisto moltissimi nuovi (soprattutto negli USA). Il gruppo poi si imbarcò in uno spettacolare tour mondiale (il “Fuel for Life”), che in Europa vedeva come guest nientemeno che i Warlock. In una data a Dallas, in Texas, venne estratto anche un live album (Priest…Live!), uscito sia su disco che in video. Gli effetti pirotecnici, gli impianti luce fantascientifici e lo stage-set mastodontico, già caratteristiche peculiari del gruppo, guadagnarono importanza e bellezza in questo tour, completando una fase artistica senza eguali dei mitici Priest. Last but not least, la Warner Bros. scelse il brano “Reckless” per comporre la colonna sonora per il film “Top Gun”; questo progetto non andò in porto per un ritardo tecnico della richiesta della Warner. Veramente, “Turbo” è un album che non finisce mai di stupire!
Se posso darvi un consiglio, non sarebbe affatto malvagia l’idea di visionare prima il VHS “Priest…Live!” e (se ne siete entusiasti) acquistare in un secondo momento quest’album (il preferito in assoluto da Rob Halford rispetto al suo periodo nei Priest).
Oltre a ricordarvi che ormai potete acquistare la ristampa della collana “The Remasters” con relative bonus tracks, desidero sottolineare il fatto che “Turbo” fece guadagnare a Rob Halford i complimenti del maestro Luciano Pavarotti (“uno dei migliori cantanti al mondo”) e di un certamente meno importante Julio Iglesias (con cui i Priest condivisero parte dello studio di registrazione).
Un sentito ringraziamento va al caro Quorum God Maddrakkett (you know why): m/
Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli
1) Turbo Lover
2) Locked In
3) Private Propriety
4) Parental Guidance
5) Rock You All Around the World
6) Out in the Cold
7) Wild Nights, Hot & Crazy days
8) Hot for Love
9) Reckless
bonus tracks collana “The Remasters”
10) All Fired Up
11) Locked In (live)