Recensione: Turn On The Night
Ormai è risaputo che tutto ciò che poteva essere creato e plasmato nel rock è stato fatto nelle decadi passate ed oggi, sempre più spesso, ci si trova davanti a band che, loro malgrado, possono solo farsi interpreti ed esecutori di quanto già esiste.
Questa cosa ogni tanto riesce e qualche volta no: nel caso dei Black Rose, prevale la prima.
Il quartetto svedese ottiene, infatti, dei buoni risultati con un hard rock in stile Pretty Maids che, pur restando sempre vicino al metal classico anni 80, ogni tanto offre accelerate power, proponendo in questo “Turn on the night” nove brani ben composti e, soprattutto, suonati senza voler strafare, rischiando di rovinare inutilmente tutto.
La partenza è subito come un treno che sfreccia alla massima velocità con “My Enemies”, brano in cui doppia cassa e riff al fulmicotone rimandano al più classico power metal di stampo teutonico.
La line up si presenta nella tipica formazione rock formata da Peter Thederan alla voce, Thomas Berg alla chitarra, Anders Haga al basso e Peter Haga alla batteria; anche in questo la band dimostra di badare al sodo senza l’ausilio di una seconda ascia e di una tastiera.
I ritmi si fanno più cadenzati con la successiva “Rise again”, dove l’orecchiabilissimo ritornello la fa da padrone, proprio come accade anche per la titletrack, in cui il combo svedese rischiaccia l’acceleratore e mette in particolare evidenza il lavoro chitarristico di Berg.
Nei concisi 30 minuti di durata di “Turn on the night” c’è spazio anche per la ballad “We were winners”, ben composta e suonata, anche se la voce, in episodi come questo, risulta essere un po’ troppo roca e sporca.
La parte finale del disco ripropone le linee guida seguite dal quartetto già a partire dalla prima traccia, cosa che potrebbe risultare controproducente per via di una certa sensazione di ripetitività, soprattutto in virtù della timbrica vocale di Thederan, che non varia quasi mai nel proprio stile peculiare. Assolutamente degno di nota invece il lavoro chitarristico che, con assolo sempre vari e ben articolati, porta ad alto livello le esecuzioni, fornendo quel tocco d’inventiva vitale e necessaria.
Comunque sia, la band, visto i ventitrè anni di presenza sulle scene, è veterana ed è fuori discussione come l’esperienza accumulata sia tale da consentirgli di restare a galla nell’oceano di realtà presenti sul mercato,
Restare ancorati sempre e comunque allo stile classico tuttavia, se da una parte rende coerenti e fedeli alla linea intrapresa due decadi fa, dall’altra preclude l’apertura verso nuovi orizzonti di pubblico e notorietà.
Siamo ad ogni modo certi che ai Black Rose e ai loro fan va benissimo così e non interessa nient’ altro.
Massimo rispetto quindi, a questi oracoli del metal.
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Tracklist:
01. My Enemies
02. Rise Again
03. Turn On The Night
04. Never Let Me Down
05. We Were Winners
06. Hunter
07. The Bold And The Beauty
08. Busted
09. Our Wisdom
Line Up:
Anders Haga – Basso
Peter Thederan – Voce
Peter Haga – Batteria
Thomas Berg – Chitarre