Recensione: Turning Season Within
Già da tempo uno dei gruppi più famosi e apprezzati del gothic-doom, i Draconian sono da poco tornati sulle scene con Turning Season Within, loro terzo full-length (o quarto, considerando anche The Burning Halo, che però era costituito da ri-registrazioni di vecchi demo, un paio di cover e qualche inedito). Questo combo svedese è stato capace di costruirsi una reputazione di tutto rispetto nel giro di soltanto pochi anni, grazie a un paio di ottimi album e un sound che, pur pagando il proprio tributo ai classici del genere (My Dying Bride e primi Theatre of Tragedy su tutti), riusciva ad essere sufficientemente personale e originale. Senz’altro uno dei “big” della scena gothic-doom nordica, i Draconian si trovavano col difficile compito di dare ad Arcane Rain Fell, disco che riscosse un grande successo sia di critica che di pubblico, un degno successore. Purtroppo però non tutto è andato come si sperava.
Chi conosce i Draconian non ha bisogno che vengano spese parole per descrivere il loro stile, ma chi è nuovo al gruppo probabilmente gradirà una rinfrescata: il loro genere è, come già accennato, il gothic-doom. Su tempi generalmente dilatati, abbiamo melodici tappeti di tastiere coadiuvati da pesanti chitarroni, il tutto condito da atmosfere romantiche, malinconiche e soffuse. Come molti loro colleghi, anche i Draconian optano per la soluzione vocale della “bella e la bestia”, ossia la contrapposizione del growl maschile (opera di Anders Jacobson) e della voce pulita femminile (fornita da Lisa Johansson). Turning Season Within vede qualche cambiamento farsi largo nello stile che il gruppo aveva consolidato nei precedenti dischi: il primo elemento di novità che salta alle orecchie è una certa velocizzazione dei tempi, che spesso porta le canzoni ad avvicinarsi più al gothic metal, che non al doom. Certo, in considerazione del gruppo di cui stiamo parlando non bisogna certo aspettarsi chissà che accelerazioni, ma la sensazione che il versante gothic abbia preso il sopravvento sull’elemento doom è netta. Ad avvalorare questa tesi c’è una quantità decisamente maggiore di voce femminile (a volte a scapito del growl): una scelta che potrà far piacere ad alcuni, o scontentare altri, questo dipende dal gusto personale di ciascuno. Quel che è certo, è che è un altro fattore che sposta ulteriormente il baricentro della musica dei Draconian sul gothic metal. Considerazioni stilistiche a parte, il vero fulcro del discorso è: Turning Season Within è un bel disco? E’ all’altezza delle aspettative? Un brutto disco non lo è di certo, e sicuramente è migliore di tante altre produzioni che affollano questo genere, ma purtroppo non mantiene del tutto le sue promesse. Il problema sta nell’ispirazione delle canzoni: pur non essendocene nessuna scadente, l’impressione generale che se ne ricava è che i Draconian si siano limitati a svolgere il loro compitino senza osare di più, adagiandosi su un manierismo che un gruppo così non può permettersi, privi di quella freschezza che rese Where Lovers Mourn e Arcane Rain Fell dei dischi così apprezzati. Canzoni energiche come l’opener Seasons Apart o Failure Epiphany sono fra le migliori del lotto, altre più lente e cadenzate come Earthbound e Morphine Cloud rappresentano un legame con le radici doom del gruppo, e un interessante mid-tempo come When I Wake sembra rimandare quasi ai migliori Katatonia. Qualche canzone invece, come Not Breathing e The Empty Stare, magari necessitava di maggiori rifiniture, per via della sensazione di “già sentito” che si portano dietro. E’ da segnalare inoltre la presenza di Paul Kuhr dei Novembers Doom come guest vocalist nelle parti recitate dell’album.
Tirando le somme, quest’ultima fatica dei Draconian è un disco onesto, di buona qualità, ma rappresenta anche una prova sottotono per chi in passato ha dimostrato di avere le capacità per fare di meglio, e da un gruppo come loro è lecito aspettarsi qualcosa di più che il “solito” album gothic-doom (e, ormai, più gothic che non doom). E’ vero che non tutte le ciambelle riescono col buco, ma è proprio il valore del gruppo che impone una maggiore severità nel momento in cui chi si aspettava un lavoro qualitativamente pari agli illustri predecessori vede le le proprie speranze deluse da un album sì gradevole e ben fatto, ma in un’ultima analisi privo di mordente e di entusiasmo. Sufficienza piena per Turning Season Within, ma non di più: i Draconian hanno abituato i loro fan a lavori di caratura ben superiore, speriamo che ritrovino la bussola per il prossimo album.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – Seasons Apart
2 – When I Wake
3 – Earthbound
4 – Not Breathing
5 – The Failure Epiphany
6 – Morphine Cloud
7 – Bloodflower
8 – The Empty Stare
9 – September Ashes