Recensione: Twilight in Olympus
Praticamente instancabili. Dopo appena un anno dall’uscita maestosa di “the divine wings of tragedy” la X band si ripropone con un lavoro di altrettanta originalità, dipingendo nuovi orizzonti e mantenendo la solita classe. Twilight In Olympus è un’ancestrale ballata di mitologia alternativa e deliri claustrofobici gestita magistralmente con un prog. neoclassico di altissima fattura. Il subentrare di Thomas Walling alla batteria a discapito di Jason Rullo ha generato numerosi stravolgimenti nella gestione della ritmica, non potendo più avere un maestro dei tempi più disparati del suo livello, la band ha ripiegato su un sound più blando, ma con delle ripartenze micidiali, che saranno le vere gemme di quest’opera.
Il sipario si apre dinanzi a Smoke and mirrors che parte subito aggressiva incalzando l’ascoltatore con una martellante fusione di strumenti figlia di una principesca coordinazione, la voce di Allen irrompe dura e ci accompagna nella parte centrale dove precipitiamo nella prima cupa, poi funambolica serie di assoli. La seconda canzone é una delle icone di questa formazione, da cui prendono nome numerosi fan club e siti internet, The church of the machine è un coro di antiche cattedrali , una track indimenticabile, sia dal punto di vista musicale, sia per il testo che è un geniale affresco di teologia metafisica coronata dalla crudeltà meccanica moderna. Mentre quest’ultima si spegne struggente parte in controtempo Sonata (Basato sul tema della 8a sonata in Do minore di Ludwig van Beethoven) , un pezzo strumentale che che ci accarezza facendo da preludio alla veemente rullata di batteria che innesca into the dragon’s den.
Through the looking glass a mio parere è il vero capolavoro di questo cd, una suggestione altissima fa da sfondo, mentre questi magnifici bardi ci raccontano ,in maniera personalissima, Alice nel paese delle meraviglie. Romeo, Pinnella e Miller hanno dichiarato che durante la lavorazione di questa song, non hanno potuto fare a meno di piangere o emozionarsi: penso che più di ogni altra cosa questa canzone ha impegnato l’immortale fantasia di Romeo, che si racconta in ogni frangente, polverizzando il muro della realtà, ed edificando una vera e propria pietra miliare della musica; l’urlo finale “dream on” ci fa capire come sopravvivano nelle ere i sogni, anche se ora sono solo un aspetto marginale della quotidianità , hanno ancora il privilegio di portare in grembo il vero fascino dell’arte. In The relic è assolutamente da sottolineare la stratosferica prova di Miller al basso; mentre le ultime due canzoni Orion – The Hunter e Lady of the snow si mantengono ad ottimi livelli e garantiscono una positiva chiusura all’album.
Questi moschettieri del progressive hanno confezionato l’ennesima grande prova, spiazzando chi si aspettava un disco frettoloso (data la rapidità con la quale è stato elaborato) , oppure una semplice cornice ai precedenti capolavori. Credo che il punto forte dei symphony X sia l’impareggiabile abilità nel calarsi nelle sonorità più convulse, senza rendersi retorici o noiosi. Una odissea emozionale di rara bellezza che non dovrà mancare alla collezione dei fan e che può funzionare anche nelle orecchie degli adepti, quindi per concludere un invito a lasciarvi cullare, con pazienza, dalle note di questi piccoli, grandi maestri.
Tracklist:
- Smoke and mirrors
- The church of the machine
- Sonata
- Into the dragon’s den
- Through the looking glass
- The relic
- Orion the hunter
- Lady of the snow