Recensione: Twilight of Idols

Di Matteo Bevilacqua - 25 Dicembre 2021 - 22:39
Twilight of Idols
Band: Yasna
Etichetta: NovaEra Records
Genere: Progressive 
Anno: 2021
Nazione:
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70

Una ventina di anni fa, il ritornello di un nota canzone diceva che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista.  A parere di chi scrive, nel mondo di oggi la vera difficoltà sta nel mettere alla luce il primo sudato lavoro, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, inclusa la cieca disperazione, per passare il messaggio a quanta più gente possibile, nella speranza di non ricevere una stroncatura e soprattutto di non cadere nel calderone del nulla prima ancora di essere stati ascoltati. A eccezione di rarissimi casi (il più delle volte riferiti a realtà costruite a tavolino, veri e propri prodotti di consumo), l’album di debutto è accolto nell’indifferenza generale oppure con l’indulgenza di alcuni addetti ai lavori i quali, non sentendosi di demolire il prodotto, per mezzo della classica pacca sulla spalla puntano tutto sul fatto che del resto si tratta di una band giovanissima e ci ricordano che questo è in fin dei conti un album di debutto. L’obiettivo, nell’analizzare questo Twilight of Idols , prima fatica dei nostrani Yasna è per l’appunto quello di non prendere la rotta sopracitata.

Attiva dal 2017, la band siciliana offre degli spunti molto interessanti e promettenti: su tutti va segnalata la loro particolare rivisitazione del concetto di progressive metal in cui le tante influenze dal heavy al thrash fino al groove sono mischiate con sapienza dando vita ad un sound personale, attributo da non sottovalutare. La complessità tipicamente prog dei brani sia a livello strutturale che ritmico completa il pacchetto.

L’intro evocativo di “31:8” presenta dei connotati quasi da world music ed è seguito da una splendida cavalcata metal che ricorda i Queensriche d’altri tempi. Un riff efficace sorregge la prima apertura vocale e il brano si conclude precocemente per portarci nella trascinante “Humankind’s Prerogative” dove domina l’ugola di Davide De Stefano che nel ritornello ricorda addirittura quella di un tal Biff Byford nelle eccellenze toccate in Lioheart. La struttura del brano è davvero interessante, dove i riferimenti percepiti sono molteplici, dai Megadeth ai Tool, anche se i tanti cambi di tempo nelle sezioni strumentali rischiano di generare un effetto dispersivo.
“Into the Battle” inizia come una bella traccia di speed metal vecchia scuola interrotta da una decelerazione pressochè immediata che non ci permette di focalizzarci sulla classica forma canzone. Punti focali il basso di Armando Fiorello che a tratti pare spiccare il volo per poi  atterrare perfettamente nella struttura ritmica e e una meravigliosa accelerazione chitarristica del duo Andrea Magrofuoco e Alfredo Cavalieri dopo il primo breakdown. Trattasi di una forzatura, come se il riff  in accelerazione ricordasse il movimento di un treno in partenza, davvero efficace e originale. I nostri ci deliziano con un vero breakdown in tempo irregolare dal sapore Pain Of Salvation , facendo così emergere la loro attitudine propriamente prog, seguito da una splendida accoppiata di assoli su una base groove metal. Ancora una volta il raggruppamento indiscriminato di influenze e generi si sovrappone con una certa confusione e rappresenta l’elemento distintivo ma anche una possibile debolezza, volendo pensare al lungo termine e ai prossimi passi della band.
Nella successiva “Circular Reality” si parte a pieno ritmo con delle ottime chitarre ritmiche che arricchiscono armonicamente la linea vocale . Il brano cambia direzione addolcendosi improvvisamente con con strati di chitarre acustiche. Il basso prende il controllo dell’aspetto melodico e la voce bisbigliata conferisce un tono suggestivo al tutto. Siamo a livelli altissimi che ricordano i Novembre di Novembrine Walts. Ed ecco l’ennesimo cambio di rotta, l’accelerazione ormai attesa. Questa volta però il flusso scorre perfettamente. Epica la voce di De Stefano, non annoia mai.
La title track convince meno. I riff iniziali a’ la Symphony X appaiono scollegati l’uno dall’altro e rispetto ai maestri appena citati (spiace dirlo in quanto non dovrebbe essere un fattore importante) essendo ad un bpm ridotto perdono parte del carattere. Il ritornello stufa subito e l’assolo di chitarra ha un che di amatoriale. Salva la situazione l’ottimo lavoro della sezione ritmica, in particolare la precisione del batterista Simone Bombaci.
“Void Inside” attacca con un bel riff iniziale che, nonostante sia molto scolastico presenta una interessante sovrapposizione delle due chitarre a tratti dissonante. Il brano mostra una contrapposizione tra le strofe tipicamente groove e un ritornello che ricorda i lavori più orecchiabili dei Megadeth ( Youthanasia e Criptic Writings su tutti). A dirla tutta, sono diversi gli aspetti del brano che rimandano alla testimonianza di padre Mustaine & soci, a partire dalla linea di basso molto David Ellefson nel breakdown fino agli assoli di chitarra, un  vero piacere per l’ascolto. Una serie di acuti finali chiudono questo brano vincente.
L’apertura della successiva “Howling Mind” presenta una sezione ritmica non convincente e il timore è di trovarsi al cospetto della tipica ballad tallone d’Achille che mette in difficoltà il gruppo metal il quale,  tentando di rallentare e mantenere le cose interessanti, segna un netto autogol. La paura svanisce subito in quanto il brano accelera nettamente assumendo connotati di stampo moderno con un lavoro chitarristico impressionante, adagiato su un basso pesantemente effettato con un fuzz. Il ritornello sfocia in una pletora di puro caos strumentale che colpisce nel segno. Uno dei momenti migliori dell’album che mediante un cambio di tempo e di struttura dopo l’altro raggiunge il culmine di intensità con un meraviglioso acuto del nostro De Stefano.
L’album si chiude con “Animal Shape”, composta da una serie di riff non convenzionali e i soliti cambi di tempo. Nonostante sia efficace l’accelerazione nel ritornello stiamo ormai assistendo ad uno schema visto e rivisto in questo album. In chiusura veniamo riportati ai suoni ambient presenti nell’intro, chiaro segnale che questa esperienza sonora è giunta al termine.
Tirando le somme e riprendendo quanto detto in apertura, gli Yasna non riceveranno l’indulgente pacca sulla spalla e verranno trattati alla stregua dei pro.
Il concetto di progressive metal espresso in questo Twilight of Idols è assolutamente personale e la band si diverte a giocare con i molti cambi di ritmo e di atmosfera all’interno dei brani. La voce di Davide Di Stefano colpisce particolarmente per le doti di espressività, estensione e adattamento e la preparazione strumentale dei musicisti è davvero notevole.
Il sound è crudo (nel senso di non eccessivamente prodotto) e lascia trasparire il sudore e, diciamolo, anche le imperfezioni umane che tanto cerchiamo di neutralizzare nelle attuali produzioni metal che ci fanno dimenticare di cosa siamo realmente fatti. Si sente che questa è musica concepita e realizzata con il cuore.
A livello compositivo tuttavia emergono diversi elementi che inesorabilmente ci portano a ricordarci che che siamo di fronte ad un debut album in cui la tendenza è quella di soffermarsi troppo sui riff che, nonostante siano piacevoli, non sono esattamente originali. Ciò che manca davvero è l’impatto della canzone che sia in grado di trascinare l’ascoltatore. Per estrema chiarezza, va benissimo non seguire la forma canzone ma quì manca la sapienza nel saperci accompagnare attraverso il viaggio progressive, come ci insegnano i maestri, e questo arriva solo con l’esperienza.
Questo album è promosso con riserva e mostra ampi spazi di miglioramento: il cuore è nel posto giusto, esattamente come la tecnica, la perizia strumentale e la profonda conoscenza del genere, percepita dalle moltissime e diversificate influenze che mostrano una band determinata a trovare la propria strada senza essere il clone nessuno.
Dati i presupposti, vogliamo di più, vogliamo essere stupiti, ci vogliamo innamorare. E gli Yasna hanno le carte in regola per riuscirci con il secondo album, per cui siamo molto curiosi di sentire i prossimi passi di una band che ha sicuramente molto da dire e da dare.

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