Recensione: Two Paths
Luci ed ombre sugli Ensiferum dal primo giorno. Un momento, i primi album dei finlandesi sono ritenuti universalmente validi, perlomeno l’omonimo esordio (2001) e “Iron” (2004), e infatti non era mia intenzione smentire questa verità; va detto però che qualche equivoco si è ingenerato sin dagli albori della band, almeno tra i meno smaliziati e tra i più inclini a giudicare un libro dalla copertina. Vuoi per una accentuata cornice vichingo-pagana, vuoi per un monicker nordico e complicato foneticamente, vuoi per il ricorso a delle linee vocali affatto cristalline e farinelliane, qualcuno ha creduto di avere addirittura a che fare con un gruppo di extreme metal, rimanendo poi scornato dalle sonorità certamente intrise di folclore ed epicità ma assai più prossime ad un agguerrito power metal che ad un disperato metallo nero o ad un asfissiante groviglio di stampo death.
Questa ambiguità è perdurata nel tempo ed accompagna gli Ensiferum. Oramai i più navigati hanno afferrato il concetto e sanno di doversi aspettare dischi di metal arrembante ma tuttavia affatto “estremo”. I finnici si “pittano” il corpo come dei guerrieri pronti a scendere in battaglia, hanno accolto in formazione la volitiva Netta Skog (che sostituisce Emmi Silvennoinen) ad occuparsi dell’accordion (la fisarmonica) e del controcanto femminile, ci narrano di fantapaesaggi fiabeschi e immaginifici; la loro attitudine insomma calza perfettamente con il power metal ma…. c’è un “ma”. La grinta, la potenza e l’intensità che la band mette nelle proprie composizioni travalica il genere e si spinge oltre. Gli Ensiferum sono davvero incredibilmente potenti e questo muro di energia ed adrenalina arriva allo stomaco dell’ascoltatore come una carovana impazzita di bighe dorate trainate da orsi, lupi e dozzine di altre fameliche bestie nordiche regolarmente previste e censite dalla mitologia norrena.
“For Those About To Fight For Metal“, “Way Of The Warrior“, “Kings Of Storms” sono bordate di vigore ed irruenza che coniugano velocità, arrangiamenti pomposi e solenni, un po’ di ruffianeria catchy e al contempo una sapidità selvaggiamente metallica. Gli Ensiferum fanno rimbalzare abbastanza brillantemente eco di varie derivazioni all’interno del proprio spettro sonoro, come se Children Of Bodom, Skyclad, Blind Guardian e la multiforme compagnia di bardi longocriniti capitanata dai vari Equilibrium, Turisas, Finntroll etc, si fossero riuniti per fare bagordi e fomentarsi bellicosamente a vicenda prima di calare a sud, per mettere a ferro e fuoco le pigre vestigia di un Impero Romano addormentatosi e ripiegatosi oramai su se stesso.
“Two Paths” non è un album perfetto o esente da intoppi. Soprattutto nella seconda metà si avvertono dei cali di potenziale, qualche pezzo vale decisamente di più di qualche altro, né si può parlare di un platter dalla sconvolgente originalità e innovazione. Tuttavia si tratta di un lavoro da mandar giù in blocco, per la notevolissima intensità che trasmette, un’esplosione di muscoli e spigliatezza, un incessante fluire di note, percussioni e coralità a tratti maestosa che, alla fine della fiera, convince e va premiata, pur avvertendo nettamente la sensazione di non essere di fronte ad un capolavoro o ad un album spartiacque. Per 53 minuti gli Ensiferum intrattengono con tenacia e risolutezza, quell’oretta scivola via rotonda e penetrante come l’odore del muschio dell’estremo nord che prelude con la sua fragranza inimitabile allo schiudersi di splendidi paesaggi boreali incontaminati, scolpiti dall’onore e dalla fierezza delle tribù guerriere che lo abitano. I puristi del sangue vichingo vi diranno che non è vero manco questo e che gli Ensiferum sanno più di posticcio e di plastica riciclata che di virtuoso e puro metallo polare; può essere, eviterei di farne una questione di bilancino da genetista ugro-finnico col Kalevala sul comodino e mi limito a dire che “Two Paths” è un disco che spacca (abbastanza); questo chiedevo questo ho avuto, io sono soddisfatto (abbastanza).
Marco Tripodi