Recensione: Tyranny
Non sono poche le band che in campo prog metal hanno praticamente fatto a pugni per accaparrarsi il ben poco ambito titolo di gruppo più sottovalutato degli ultimi dieci anni. Tra i favoriti per il successo spiccano gli statunitensi Shadow Gallery. Nati artisticamente nell’ormai lontano 1985, hanno sudato le famose sette camice (una all’anno…) prima di vedere la luce con l’omonimo – ottimo – debutto; da allora i sei ragazzi della Pennsylvania hanno centellinato con parsimoniosa passione i loro lavori, ben lontani da quel vortice consumistico ormai consacrato al motto “nuovo anno, nuovo album”. Una scelta che li ha certamente penalizzati dal punti di vista commerciale, ma che da quello qualitativo li ha consacrati tra le migliori realtà della scena, a tutto vantaggio dei non numerosissimi ma oltremodo fedeli sostenitori. Nonostante la datazione (1998), Tyranny è dunque soltanto il terzo capitolo della ventennale carriera discografica del combo statunitense; a prescindere da ciò, tuttavia, può a buon titolo proclamarsi una delle migliori uscite nel suo genere dello scorso decennio.
La lunga gestazione ha permesso infatti alla band ci comporre un opera matura e ricca – ben quattordici pezzi – eppure orgogliosamente priva della più pallida traccia di riempitivi: una lezione che non poche tra le formazioni attuali farebbero bene a tener presente. Qualità e quantità, convogliate in un concept accattivante e sorprendentemente attuale.
Assimilata la lezione del manifesto Images and Words, gli Shadow Gallery hanno saputo elaborare un suono a tal punto personale da rivoltarsi con sdegno qualora si tenti di avvicinarlo oltremisura a quello di qualche più celebre realtà. Siamo qua di fronte al volto più seducente, alla forma più armoniosa, alla voce più ammiccante della multiforme creatura progressiva. Ogni brano si rivela una costruzione architettonica mirabilmente complessa, eppure non se ne trova alcuno privo di quella melodia azzeccata, di quel refrain mai banale ma sempre immediato, tale da catturare subito l’attenzione con una disinvoltura pressoché unica, anche per gli stessi canoni della band. Merito tra gli altri dell’ottimo Mike Baker, vocalist dalla classe cristallina capace di coniugare tecnica ed espressività, convincente nelle parti più trascinanti – è il caso dell’opener War for Sale – sia in quelle più enfatiche e struggenti – quale la conclusiva Christmas Day. E come se non bastasse ecco al suo fianco tre ospiti d’eccezione, pronti a donare nuove e più varie tinte alla seconda metà del storia. Si parte col breve exploit di James Labrie nell’epica I Believe, forse la più letale tra le killer track del disco, forte di una trama in continuo crescendo nonché di un ritornello pomposo e magniloquente da incidere a caratteri indelebili nella storia del genere. Altra collaborazione, altra gemma: sfuggono le parole per descrivere l’incantevole duetto tra il camaleontico Baker e una Laura Jaeger da brividi: state ascoltando Spoken Words, un fiume di passione incandescente, da sciogliere anche la pietra, costeggiato dalle sublimi note del violino di Paul Chou. Proprio quest’ultimo tornerà di lì a breve nella teatrale New World Order, in concomitanza con l’impeccabile intervento di D.C. Cooper: chi già conosce le doti dell’ex-voce dei danesi Royal Hunt sa già cosa aspettarsi, agli altri – pochi, c’è da sperare – verrà probabilmente voglia di comare in fretta la lacuna (magari iniziando dall’omonimo disco solista del 1999).
Non che il resto della squadra sia da meno. Si prendano due tracce a titolo d’esempio: Hope for Us? per il lato più passionale ed emotivamente intenso, Roads of Thunder per quello più arrembante e, in senso stretto, progressivo. Ecco esibirsi davanti a noi una squadra di strumentisti di prima classe. Da applausi l’intesa tra basso e batteria, affidati rispettivamente Carl Cadden-James e Joe Nevolo, dannatamente disinvolti nel loro destreggiarsi all’unisono tra puntuali ritmiche dispari e repentini cambi di tempo. Non di minore calibro la sintonia tra gli axeman Brendt Allman e Gary Wehrkamp. La simultanea presenza di chitarra classica ed elettrica realizza in Roads of Thunder un’alchimia dagli effetti dirompenti, versatile e autoritaria. Ruolo completamente diverso, ma risultato identico in Hope for Us?: qui i due gemelli rinunciano al centro della scena onde seguire senza invadenza le più pacate melodie di voce e tastiera, per poi tornare alla ribalta con un assolo sfavillante. E che dire del lavoro di Chris Ingles alle tastiere? Ora incalzante, ore carezzevole, sempre espressivo, sapiente nel calcolare tempi e dosi degli interventi, capace di accompagnare quando serve e di prendere il comando al momento propizio. Insieme alle chitarre le sue tastiere riescono a operare quella straordinaria sintesi di tecnica e melodia che va annoverata tra i marchi distintivi e i maggiori punti di forza della band: non è d’alta parte cosa di tutti giorni imbattersi in musicisti capaci di fondere con tanta apparente semplicità soluzioni armoniche colte e raffinate con arrangiamenti spontanei, semplicemente irresistibili.
Inutile indugiare oltre nel tessere le lodi di un disco degno di ben altra fama rispetto a quella accordatagli dal tempo. Stiamo qui parlando di settantaquattro minuti di grande musica senza la benché minima traccia di un calo, temporaneo, occasionale o impercettibile che sia. Tyranny è l’opera in cui esce meglio alla ribalta il lato comunicativo degli Shadow Gallery, quello in cui la loro anima melodica trova la sua espressione più alta, insieme al pur diverso predecessore Carved in Stone uno dei frutti più saporiti della discografia della band e della produzione progressiva in campo metal. Di dischi così, capaci di mettere d’accordo tanto i fan dei Dream Theater quanto quelli dei Queensryche, tanto quelli dei Rush quanto quelli dei Symphony X, non se ne vedono davvero molti in giro. In una parola: capolavoro.
Tracklist:
1. Stiletto In The Sand (1:57)
2. War For Sale (5:35)
3. Out Of Nowhere (4:20)
4. Mystery (5:42)
5. Hope For Us? (6:00)
6. Victims (5:13)
7. Broken (1:54)
8. I Believe (8:41)
9. Roads Of Thunder (6:06)
10. Spoken Words (4:38)
11. New World Order (8:11)
12. Chased (4:36)
13. Ghost Of A Chance (5:19)
14. Christmas Day (5:40)