Recensione: Tyranny Of Minority
Giungono dalla terra d’Albione, reclamando un posto nell’affollato mercato musicale, gli esordienti Vendetta, gruppo sorto per volere del chitarrista (qui anche cantante) britannico Edward Box, sinora autore di alcune prove soliste, e per la prima volta alle prese con una band vera e propria.
I territori entro cui la formazione d’oltremanica pare essere maggiormente a proprio agio, sono quelli dell’heavy tradizionale, mitigato tuttavia da un palese istinto “prog”, attivo sottotraccia, e da alcune brevi fughe verso stilemi più affini all’hard rock meno aperto e solare, in un quadro che fa dei termini “classico” e “consueto” le proprie parole d’ordine più evidenti.
Interessanti le qualità tecniche mostrate nel corso dei dodici pezzi presenti in scaletta e discreta la resa sonora, è sul versante del songwriting e del mero coinvolgimento invece, che il disco rischia più volte di naufragare, offrendo doti, in termini di dinamismo e capacità di divertire, talora piuttosto scarse e limitate.
L’apparato strumentale, infatti, capitanato dal bravo Box, ha dalla sua una massiccia preparazione che mette al riparo da qualsivoglia critica dal punto di vista esecutivo; la staticità dei pezzi però, troppo spesso relegati in mid-tempos cadenzati e ciondolanti, è una zavorra piuttosto ingombrante che, in non pochi casi, tende a rendere le canzoni un po’ piatte, strascicate e prive di grandi spunti o emozioni di rilievo.
In parte deficitaria inoltre, anche la prova vocale dello stesso Edward Box, ottimo chitarrista senza alcun dubbio, ma invero poco adatto per il ruolo di frontman, in virtù di una prestazione anonima che non contribuisce ad aggiungere particolare vivacità al platter.br />
Non tutto negativo comunque, il piatto offerto da ”Tyranny Of Minority”.
Alcuni spunti, sono difatti più che apprezzabili, e mantengono viva la speranza di miglioramenti futuri.
“Golden Boy”, “Generation Kill” e “Bones To Dust” sono buoni esempi di quanto appena detto e presentano il lato migliore dei Vendetta, quello che, movendosi a cavallo tra Judas Priest, Metal Church e spunti hard di matrice ottantiana, ha il potere di scuotere, per quanto possibile, l’ascoltatore, regalando porzioni d’energia altrimenti destinate a rimanere sopite.
Quando poi, le armonie vengono finalmente stese nel migliore dei modi, approntando cambi di tempo ben assestati ed una linea melodica in grado di apparire fascinosa e di buona atmosfera, come ascoltabile in “Window Of The Soul”, la certezza di avere a che fare con un gruppo in fase di rodaggio diviene conclamata, lasciando aperta la porta per un futuro che si spera potrà essere roseo e soddisfacente.
Riassumendo in breve, possiamo dunque affermare che, a fronte di una più che buona e finanche brillante capacità in sede strumentale, la forza dirompente dell’heavy propinato dai britannici tarda decisamente a rivelarsi, lasciando, al termine dell’ascolto, in uno stato d’indeciso torpore poco adatto ad un genere come quello offerto.
Il risultato è una sufficienza stiracchiata che non permette all’album di proporsi come un acquisto obbligato e privo d’attente valutazioni preventive, e consiglia piuttosto, l’attesa di verosimili miglioramenti futuri e di auspicabili sviluppi.
Tracklist:
01. Archangel
02. Generation Kill
03. I Executioner
04. Doorways Of The Mind (Transcendence pt.1)
05. Golden Boy
06. Red Skies
07. Plastic God
08. Bones To Dust
09. Lost Cause
10. All Fall Down
11. No Safe Hole
12. Window Of The Soul (Transcendence pt.2)
Line Up:
Edward Box – Voce / Chitarra
Pete Thompson – Chitarra
Gary Foalle – Basso / Chitarra
Chris Higgins – Batteria
Mick Robson – Batteria
