Recensione: Uk Vampire
Interessante debutto per questi rockers nostrani che ci propongono un hard rock diretto e senza fronzoli, figlio dei Motorhead meno aspri e del rock d’oltreoceano (nonostante la bandiera inglese che svetta sulla cover) più stradaiolo.
Un lavoro auto-prodotto che sin dalla prima traccia mostra tutte le sfaccettature della band, compresi pregi e difetti.
Un approccio sicuramente diretto e “punky” dicevamo, in cui l’influenza della band di Lemmy è da riscontrare immediatamente nelle ritmiche spesso serrate ma con arrangiamenti decisamente più complessi, merito soprattutto dell’ottimo lavoro alle chitarre, purtroppo penalizzate da una “fretta” nel registrare sicuramente riscontrabile nel (suppongo) non altissimo budget a disposizione.
Michele, titolare della posizione di unico chitarrista, è un axe-man dotato di ottima tecnica, buon gusto e intuizioni assolutamente originali e non scontate (in un genere in cui il “già sentito” è dietro l’angolo) ma che purtroppo sembra essersi “accontentato” della prima take (forse per le ragioni sopra citate), con suoni non sempre all’altezza e piccole sbavature nelle pur pregevoli esecuzioni.
Il vero problema di questo lavoro è la prestazione al microfono del buon bassista Drew.
Cantanti per (s)fortuna non ci si improvvisa e purtroppo è questa l’impressione dataci dal lungocrinito bassplayer.
Il voler cantare, il desiderio di essere il frontman di una rock band, credo sia uno dei sogni segreti riposti nel cassetto dalla maggior parte dei musicisti, ma da qui ad essere un Cantante (maiuscola non a caso) la strada è spesso davvero molta (troppa?).
Drew canta in modo sgraziato (ricordando il buon Steve Sylvester di “Cursed Mama”, tanto per capirci) e diretto, cosa di per sé non fuori luogo intendiamoci, ma quello che infastidisce è la produzione della voce (troppo secca e poco effettata), i troppi errori di intonazione (“Ride The Wind” palesa tutti limiti del giovane singer) e la pronuncia inglese davvero troppo scolastica.
I brani sono intriganti, ben suonati e coinvolgenti (li immagino sopratutto in un contesto live, dove le tracce sono potenzialmente delle vere canzoni da rock-party selvaggio e scatenato) con un Michele sempre sugli scudi, dosando feeling e tecnica nei suoi brevi e frequenti episodi solisti.
Concludendo, possiamo asserire che ciò che penalizza la band è paradossalmente e senza dubbio la sua stessa energia e voglia di fare.
Se i Crash Down avessero inciso meno brani (diciamo non più di quattro), curandone meglio la produzione e magari reclutando un cantante (o una female-singer aggressiva e dalla voce abrasiva, perchè no!) migliore e più adatto ad un ruolo tanto importante, avrebbero proposto una autoproduzione sicuramente più professionale ed interessante di questo full length che tanto sa di…demo.
Rimandati.
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Tracklist:
01. Crash Down
02. So You
03. Devil’s Kiss
04. Lucifer Town
05. Tokyo Affair
06. Ride The Wind
07. The Importance Of Being Me
08. Pollux
Line Up:
Drew – basso e voce
Michele – chitarra
Gigio – batteria