Recensione: Ulfven
Amanti del viking metal, dei suoni epici ed avvolgenti in stile Bathory, non perdete la speranza di poter ascoltare un sound che vi trasporti idealmente nella mitologia norrea. Il testimone Quorthon lo ha passato idealmente agli svedesi Ereb Altor, progetto che partendo dal pagan più cupo, regala momenti ed ambientazioni che sono vero e proprio tuffo al cuore per gli amanti di certi toni.
“Ulfven” è un concentrato di emozioni, passione che ci travolge e che prende per mano in un intricato scenario di guerra. Gli artisti, seppur mettendo davanti a tutto i sentimenti propri del genere, sciorinano una serie di accelerazioni e cambi di tempo tutt’altro che scontati. Il full-length è l’ideale continuazione della cavalcata di “Nordland” dei Bathory, anche se ravvisiamo più elementi black ed un diverso approccio, a livello di strutture. Insomma, pur essendo chiara l’ispirazione, non parliamo di un semplice clone.
Chitarre heavy/doom aprono un cielo che, all’inizio dell’album si fa cupo e carico di pioggia. Tuoni, rabbia che incalza e che poi, in un gesto eroico ci catapulta verso lo spazio limpido. ‘Völuspá’ è un’intro integralmente recitata da una voce femminile, preludio all’epica esplosione di ‘En synd svart som sot’, commovente contemplazione di un paesaggio di cui diventiamo un tutt’uno. Questo sentimento di condivisione permane in ogni nota di “Ulfven”, sentita interpretazione che in ogni battito, in ogni cambiamento di tono ed espressione ci emoziona fortemente. Un disco che trascende le definizioni, colpendo dritto al cuore e dipingendo le grigia mura che ci circondano del candore della neve e del celeste di un cielo terso.
Il raro potere di prenderci per mano e portaci via, gli Ereb Altor lo mostrano con garbo, senza scuotere, con una tensione che raggiunge in episodi quali ‘Av blod är jag kommen’ livelli altissimi. ‘The Rite of Kraka’ cambia poi volto alle espressioni dei volti degli artisti, un piglio thrash / black che ci investe e non permette di restar fermi. Concretezza che si manifesta in una rabbia che spinge a ridestarci, a guardare oltre quella plumbea pesantezza che la quotidiana indifferenza ci suggerisce.
Auspichiamo possiate incrociare nel vostro cammino questo disco, che dovrete vivere istante per istante. Complimenti agli Ereb Altor, capaci di rapirci e di emozionarci.
Stefano “Thiess” Santamaria