Recensione: Ulsect

Di Gianluca Fontanesi - 30 Maggio 2017 - 0:02
Ulsect
Band: Ulsect
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
75

Vi è ultimamente nel globo terracqueo un delizioso e sempre più incalzante aumento di realtà “post” di ogni tipo ed estrazione. Dal post core al post black, fino ad arrivare al post death più ermetico e brutale, questa branca della musica estrema, dal numero sempre maggiore di appassionati, sforna in continuazione dischi e band assolutamente di ottima qualità. Non fanno eccezione nemmeno i neonati Ulsect, che debuttano sotto l’ala della Underground Activists della sempre attenta Season Of Mist. Ci sono un paio di volti noti nella formazione della band, ovvero Joris Bonis e Jasper Barendregt dei Dodecahedron e Dennis Aarts che fu nella prima formazione dei Textures. Gli Ulsect non suonano nulla di nuovo e non sono da intendersi come innovatori di un filone sempre più vivo e da un sempre più elevato numero di fans, quello che fanno però è di ottima fattura e curato nei minimi dettagli. Prendete un po’ di Deathspell Omega, un po’ di Ulcerate, un po’ di Gorguts e il gioco è fatto: chitarre dissonanti quindi, con molti arpeggi anche sulle partiture più estreme, atmosfera fumosa, sezione ritmica devastante e voce né troppo growl né troppo harsh a lacerarci i timpani, Fall To Depravity si presenta praticamente così.

Il pezzo ha un ottimo groove e impatta molto bene grazie anche ad una produzione perfetta per il genere proposto: pulita il giusto ma anche abrasiva e graffiante quando serve, si sente persino il basso! La band accelera e rallenta il mood sempre in maniera imprevedibile e naturale e serve nel piatto anche una buona dose di dilatazioni e, perché no, psichedelia. L’atmosfera creata è di quelle alienanti, inquiete e soffocanti ma, al contrario degli Ulcerate ad esempio, qui vi è più respiro e uno spiraglio di luce. Ottima opener quindi, varia ed esaltante e in grado di scatenare ben più di un headbanging. Our Trivial Toil parte quasi in sordina per poi esplodere un un blast beat devastante; la musica degli Ulsect è magnificamente giocata sui contrasti e non sai mai dove andrà a parare alla battuta dopo. Potrebbero esserci arpeggi ariosi suonati su una sezione ritmica impazzita o chitarre devastanti suonati sul loro esatto contrario; tutto ciò è estremamente interessante e ha un’ottima resa. Si tira un po’ fiato verso la metà del brano, che coi suoi otto minuti è il più lungo dell’album, con un momento in cui la voce è sussurrata e l’incedere è ipnotico; l’esplosione poi mette ko tutto e, se tirate su il volume per bene, vi falcia anche il prato. Diminish diminuisce le ostilità ma solo in apparenza; l’inizio è piuttosto progressivo e ben giostrato sulle sfumature, con l’arrivo della voce ci si trova in preda ad accelerazioni impazzite praticamente senza rendercene conto. La struttura del brano qui è meno articolata e segue una forma canzone più “normale” rispetto al resto, ma siamo comunque su alti livelli. Moirae è un breve intermezzo strumentale che ha il compito di preparare il territorio all’assalto totale di Unveil, che è un vero e proprio pugno in faccia di ritmiche al limite del metronomo. Lo stacco a metà brano è inaspettato quanto funzionale e pieno di groove, approccio che inserisce anche i Meshuggah nelle influenze dei francesi e se ne compiace.

An Augury abbassa la cresta presentandosi con un buon crescendo; gli Ulsect in questo frangente si burlano però dell’ascoltatore, che si aspetta un qualcosa che non arriva praticamente mai. Il brano è lineare e strumentale, totalmente diverso da quelli proposti finora e ci sta quindi tutto; gli arpeggi e l’atmosfera fanno da padroni e creano il giusto senso di attesa, inquietudine e nervosismo. The Endling riprende le ostilità con un riff in tremolo picking piuttosto efficace, il buon Dennis vomita tutto l’astio che ha in corpo e l’ennesimo ottimo brano è servito. La chiusura dell’album è affidata a Maunder, che nulla aggiunge e nulla toglie a tutto ciò che è stato proposto finora. L’inizio è molto dilatato, con accordi aperti e arpeggi e una sezione ritmica lenta, che cresce lentamente e crea un’insostenibile tensione. Verso la metà del brano l’esplosione arriva ma è contenuta, quasi trattenuta da una grande maestria e da un sapiente uso degli strumenti. Conclude il tutto un finale sfumato e, oseremmo dire, quasi telefonato.

Il debutto degli Ulsect è un gran bel disco che dura il giusto, una quarantina di minuti, e offre ottimi brani.  La musica degli olandesi è un post death che ha dalla sua un uso notevole di sfumature, contrasti e ossimori e non mancherà di certo di far felice qualsiasi appassionato del genere. Il disco, se fatto suonare ad alto volume, è davvero devastante e ha una sezione ritmica pazzesca; qui si soffoca, si respira, ci si calma per poi venire brutalmente strangolati. Vi sono nell’album momenti davvero notevoli, i musicisti sono esperti e ci sanno sicuramente fare; l’unico problema degli Ulsect sta nell’esplorare un territorio già esplorato da altri in maniera superiore e nell’adagiarsi in questo senza osare particolarmente. Per il resto nulla da eccepire. Ascolto quindi consigliatissimo  e perfettamente in linea con la stagione estiva: passate davanti alla distesa del vostro bar di fighetti preferito durate gli aperitivi, mettete su gli Ulsect e shakerate per bene. Otterrete un buon cocktail.

Ultimi album di Ulsect

Band: Ulsect
Genere: Death 
Anno: 2017
75