Recensione: Unbelievable
C’è un che di sognante e quasi romanzesco nella storia delle Rosy Vista, all female band tedesca la cui fondazione risale a quasi trentacinque anni fa.
Correva il 1985 e le rock band al femminile non erano certamente cosa comune. Ne esistevano ben poche: messe assieme, non rappresentavano di sicuro qualcosa che potesse anche solo da lontano avvicinarsi all’attuale moda imperante. Si trattava, piuttosto, di esempi estemporanei, rari, spesso irripetibili.
Le Vixen, le Heart, le Girlschool…
Di successo, poco altro.
Periodo poco propizio, scarsa ricettività del mercato, eccessivo maschilismo della scena rock: quel che si vuole, fatto è che le Rosy Vista, gruppo formato ad Hannover attorno alla chitarrista Anca Graterol, durarono lo spazio di un lustro appena – dal 1985 al 1989 – giusto in tempo per incidere un breve EP (“You Better Believe It!”), suonare un buon numero di concerti di supporto a grossi nomi dell’epoca e poi scomparire, lasciandosi alle spalle qualche idea interessante ed un bel po’ di rimpianti.
C’era, insomma, un conto aperto da saldare con il destino ed un’occasione di riscatto, magari da porre in essere con il tanto agognato full length di debutto, da reclamare con forza.
Questione di pazienza: dopo averci provato una prima volta nel 2002, l’idea concreta di un ritorno in scena per riprendersi almeno un po’ di quanto perduto è arrivata qualche anno più tardi, grazie all’aiuto di una label storica come SPV e ad una voglia di fare hard rock mai sopita o sconfitta.
E ad un disco sulla lunga distanza, finalmente in rampa di lancio.
In effetti, non tentare ancora almeno una volta sarebbe stato un peccato. Anca Graterol, Andrea Schwarz (voce), Marina Hlubek (batteria) – reduci dalla formazione originale – e Angela Mann (basso), seppur dopo così tanto tempo, dimostrano davvero di poterci “stare”. Di meritare a pieno titolo un posto nella scena hard rock continentale. E soprattutto, di non sfigurare affatto al cospetto dei tanti gruppi attualmente in pista, reggendo senza troppe difficoltà il confronto in un contesto ancor più competitivo di quanto non potesse essere negli eighties.
“Unbelievable” è un buon disco, imbevuto, ancorato, radicato nell’essenza degli anni ottanta. Non poteva essere diversamente e sarebbe stato forse un errore in altro modo.
Una parte dei brani, va da sè, deriva proprio da quel primo ed unico Ep di cinque tracce edito nel 1985 per Noise Records; altrettante sono le composizioni realizzate per l’occasione.
A chiudere la tracklist una cover, quella della classicissima “Born To Be Wild”. E vabbè, scelta opinabile questa: ormai l’hanno coverizzata anche le bande musicali degli oratori, ma tant’è, come ipotetica “bonus” può essere comunque accettabile.
Le canzoni, una per l’altra, si ascoltano con facilità, scorrono piacevolmente e lasciano la costante sensazione di essersi imbattuti in un nucleo di musiciste capaci, rodate ed in pieno possesso di tutti i titoli necessari a mettere insieme un po’ di hard rock gradevole e ben suonato.
Spiccano senza dubbio la voce graffiante di Andrea Schwarz e la chitarra della leader Anca Graterol, come si conviene e come si può considerare pressoché “obbligatorio” in un disco hard, i due elementi cardine da cui partire per ottenere buoni riscontri.
Iron Maiden, Dokken, Warlock, Vixen, possono, per sommi capi, essere inclusi nelle basi fondanti del songwriting delle Rosy Vista: nulla di nuovo o modernista, suvvia. Ed onestamente, ci può pure andare bene così.
Del resto, chi sa scrivere un ottimo brano come “Master of Control”, qualche numero lo deve pur avere: forse non sarà nulla di “incredibile” come suggerito dal titolo, eppure “Unbelievable” si dimostra album “vero”, ben concepito, solido.
Frutto di esperienza, abilità e passione.
Roba non proprio di poco conto, insomma.