Recensione: Uncolored World Dying

Di Davide Iori - 16 Giugno 2008 - 0:00
Uncolored World Dying
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Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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60

Confermando il suo supporto ai gruppi emergenti la Burning Star Records pubblica il debut album dei Subliminal Fear, band salentina

che con questo Uncolored World Dying si pone l’obbiettivo di entrare in grande stile all’interno del mercato discografico, forte di una

copertina realizzata da Nerve Design (Nile, Threshold, The Duskfall, Extrema…) e di una promozione curata dalla Chiara Pellegrini

Agency. Passando alla musica i nostri si fanno portatori di un death metal melodico che molto deve alla tradizione italiana oltre che ai

classici punti di riferimento esteri.

Il disco si apre con Insane Archetype e subito ci troviamo davanti alla piena evoluzione dello stile musicale che ci

accompagnerà per l’intero disco: riff serrati arrangiati a due chitarre, una delle quali avente sempre il compito di delineare linee

melodiche a nota singola, spesso alternando corde adiacenti in modo da creare il classico effetto basso-alto. A questo stile di chitarra

si accompagna naturalmente il classico cantato che si divide tra screaming nelle parti più tirate e voce pulita nei break: da notare il

fatto che il cantante Carmine non limiti i suoi escursus melodici ai soli ritornelli, ma li porti anche in ambienti diversi, come ad

esempio gli stacchi tra una strofa e l’altra. Le strutture sono tutte abbastanza articolate, tanto è vero che nessuna traccia scende

sotto i quattro minuti e ben sette su nove sforino, anche abbondantemente, i cinque. Se però in episodi come The Silence that Remains

lo sviluppo sulla lunga distanza è davvero una bella idea e si esplicita nella stupenda apertura sui soli al minuto 3:15, che

rilancia l’azione della band per una seconda parte di canzone da applausi, in altre occasioni, come ad esempio la title track

Uncolored World Dying posta a chiusura del platter, alla lunga le ritmiche cominciano a ripetersi o comunque a variare non con la

verve necessaria a mantenere alta l’attenzione. Subentra il fattore noia dunque, che si accentua ancor di più quando ci si accorge che i

pezzi sono bene o male abbastanza ripetitivi e, soprattutto, hanno nella tecnica strumentale la loro più grande lacuna. Spieghiamoci

meglio: i Subliminal Fear sembrano soffrire della sindrome del musicista bravo ma non eccelso che tuttavia vuole mostrare la sua tecnica

sempre e comunque. I nostri realizzano canzoni su velocità di metronomo mediamente alte nelle quali i due chitarristi non stanno fermi

un attimo, creando in ogni occasione intrecci piuttosto complicati da decifrare, ma che rimangono sempre uguali a loro stessi come

strutturazione generale e dunque dopo un po’ perdono tutto il loro fascino; aggiungiamo a ciò che questi intrecci sono sì complessi, ma

non certo difficilissimi a livello esecutivo, e quindi pure il potenziale ascoltatore invasato dello shredding sempre e comunque non

trova in questo album pane per i suoi denti. Questa lacuna si nota ancor di più negli assoli i quali ben raramente si spingono in

virtuosismi degni della scuola italiana (che pullula di eccellenti musicisti), ma più spesso si limitano a cercare il feeling in un

ambiente che, perlomeno a parere di chi scrive, richiederebbe ben altre soluzioni soliste. Tornando a parlare del cantato la situazione

migliora, ma non troppo e questa volta a causa di produzione e arrangiamento: i cori infatti suonano piuttosto disuniti e, sebbene siano

molto belli come idee di base, non riescono ad ottenere l’effetto a cui avrebbero potuto ambire probabilmente a causa dell’assommarsi di

intonazione non perfetta, panning troppo aperto, effettazione insufficiente e mixing troppo avanti rispetto alla voce principale.

Uncolored World Dying è dunque un disco che presenta alcuni episodi molto riusciti (le già citate Insane Archetype e The Silence that

Remains) che però rimangono oasi in un deserto troppo ripetitivo e, soprattutto, troppo caotico per continuare a dare belle sensazioni

dopo svariati ascolti. Dispiace molto, ma per ora oltre la sufficienza risicata non si può proprio andare.

Tracklist
1- Insane Archetype
2- Destroy My Ruins
3- Crawls int the Depths
4- The Silence that Remains
5- I’ve Lost My Control
6- Stare
7- Leave your Eyes in this Burning Sky
8- My Pain Unfold
9- Uncolored World Dying

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Genere:
Anno: 2005
65