Recensione: Under a Stone With No Inscription
Una cosa certa di questo disco? E’ ricco di sorprese a tal punto da disorientare un ascoltatore impreparato. “Under A Stone With No Inscription” è uno di quei dischi capaci di lasciarti a bocca aperta dal primo all’ultimo minuto per la sua sensata insensatezza.
Mi spiego: si capisce di essere di fronte ad una band che non vuole limitarsi ad un death metal brutale ed ultra tecnico, ma che vuole andare oltre. Gli Anata si prefiggono lo scopo di scovare nuovi territori, esplorarli, sviscerarli e riproporli con nuova ed efferata violenza ma perfettamente domata.La cosa che colpisce all’istante l’ascoltatore è la complessità e la completezza delle trame sonore che sanno architettare questi quattro dotatissimi svedesi che, consci delle loro doti fuori dalla norma, si possono permettere di uscire dai cliché tipici del death metal.In questo disco tutto è in movimento, in continuo sviluppo ed evoluzione grazie a pezzi elaborati e ben focalizzati, a trame variegate, fresche e mai banali. Incredibile è la capacità di racchiudere ed amalgamare tante soluzioni apparentemente dissonanti e senza una meta precisa, per poi giungere ad una conclusione che si svela tanto ricercata quanto incredibilmente azzeccata e coinvolgente grazie all’uso sapiente di partiture ricche di ottime melodie ad intervallare i fraseggi più veloci ed estremi.
Ogni canzone ha un suo filo logico, una direzione entro la quale svilupparsi ma che non giunge a compimento finche non è stato toccata ogni direzione possibile, tant’è che ci si stupisce di quanto sembrino lunghe a dispetto della durata effettiva che si attesta intorno ai 4 minuti.Gli strumenti di tortura ci sono tutti: la voce growl della prima chitarra intervallata dagli screams impazziti del secondo chitarrista; un basso eclettico e creativo e un drumming mastodontico per velocità, completezza di soluzioni adottate e perizia esecutoria. A perfetto sigillo c’è una produzione nitida, pulita e calibrata che valorizza ogni singolo strumento garantendone il giusto risalto.
Chiaro è che un disco basato su un costrutto così completo, vivace ed articolato, può risultare ostico ed ostile e dare l’impressione di essere troppo ermetico, dispersivo o privo di feeling; ma si tratta soltanto di una sensazione superficiale. La chiave di lettura sta nella pazienza e nell’attenzione: è un disco dalle molte sfumature che emergono di ascolto in ascolto. Dategli tempo.
Track List:
1. Shackled To Guilt
2. A Problem Yet To Be Solved
3. Entropy Within
4. Dance To The Song Of Apathy
5. Sewerages Of The Mind
6. Built On Sand
7. Under The Debris
8. The Drowning
9. Leaving The Spirit Behind
10. Any Kind Of Magic Or Miracle