Recensione: Under Satanae
La SPV prosegue nella sua politica più recente, che
prevede la ri-registrazione, da parte dei suoi gruppi, di materiale datato,
spesso storico e/o primordiale: e stavolta ci azzecca davvero, ridando lustro a
quello che rimane un piccolo gioiello del (mai veramente nato) black metal
mediterraneo. Si tratta infatti di tutte le composizioni pubblicate dai
Moonspell prima del boom del debutto Wolfheart, ancor oggi uno
degli album di metal estremo più venduti di sempre.
A quel tempo, era l’ormai lontano 1995, i portoghesi
avevano già pubblicato un MCD rimasto oggetto di culto per gli amanti
dell’estremo più avanguardistico: Under the Moonspell era infatti una
summa di black metal, ben lontano dagli allora imperanti canoni norvegesi,
ritmiche tribali e melodie arabeggianti, rispecchianti le influenze arcaiche
della loro madre patria. Inutile dire che, seppur distribuita solo a livello
underground e spesso in cassettine bootleg (ricordo improponibili edizioni
polacche spuntate dopo il botto del debut album) questa release aprì la strada
a un successo di grandi dimensioni, scemato solo anni più tardi con una svolta
elettronica che i fan, vecchi e nuovi, non compresero come sperato.
Under Satanae
vede la band di Fernando Ribeiro, che qui ritrova l’ormai quasi dimenticato
nickname Langsuyar, riprendere integralmente quel mini, dandogli una veste
moderna solo a livello sonoro, grazie alla perfetta produzione assicurata dal
danese dei miracoli, Tue Madsen, e diffondendolo finalmente con i mezzi che si
merita. Per chi non l’avesse mai ascoltato, basta anche solo gustarsi la suite Tenebrarum
Oratorium, divisa in due andamenti e intervallata da un Interludium,
per toccare con mano la profondità della musica proposta allora, e riproposta
perfettamente oggi, dai Moonspell: riflessione, atmosfera, aggressione, epica,
notte e riti arcaici, il tutto in poco meno di un quarto d’ora di musica da
cardiopalma. Splendida, senza rivali anche a 13 anni di distanza: il che fa
affiorare ben più di un pizzico di nostalgia per un (breve) periodo in cui
tutto il metal estremo venne pervaso da una creatività rimasta, ad oggi,
ineguagliata.
Opus Diabolicum
è poi un rito, in rigoroso portoghese, aperto da una breve sinfonia e subito
dopo da un maestoso riff introduttivo, che sfocia infine in un mid-tempo in cui
la voce di Langsuyar spadroneggia, anticipando (o ricordando) quello che sarebbe
arrivato poi, con il già citato Wolfheart e con l’altro
capolavoro della band, Irreligious. La più notturna, atmosferica
ed erotica del lotto (la band ha del resto sempre giocato sull’erotismo, nella
propria musica, cogliendolo sotto diversi aspetti a seconda della sua
evoluzione), Opus Diabolicum è un ulteriore inarrivabile gioiello, che
lascia spazio solo alla chiusura di Chorai Lusitânia!, puro folklore
accompagnato dalle onde dell’oceano, e l’unico pezzo non ri-registrato per
l’occasione.
Ma Under Satanae è proposto come full-length,
e a questo scopo la band riprende il demo del 1993 Anno Satanae, ancora oggi
immerso nelle pieghe dell’underground, grezzo ma non per questo meno
interessante. La vena folk era già un’idea fissa dei Moonspell di allora, che
decisero di aprire le 3 tracce con campane e suoni arabi, una commistione di
sicuro effetto, prima dell’attacco fornito da Ribeiro, dal suo ritorno alla
declamazione che lo rese famoso ai tempi. Il riffing è direttamente derivato
dall’influenza Celtic Frost, denotando una personalità un po’ meno spiccata, ma
la versione 2007 rende finalmente giustizia a del materiale che aveva già le
carte in regola per farsi strada sul mercato black europeo. Goat on Fire,
al di là del risibile titolo (fu oggetto per mesi di battute riguardanti
barbecue vari, insieme all’irraggiungibile Kiss the Goat dei Lord Belial)
è un pezzo indubbiamente interessante, che introduce una Ancient Winter
Goddess, probabilmente la migliore del demo, semplice e diretta, ma già
orchestrata e strutturata a dovere. A concludere, Wolves from the Fog
introduce l’elemento del Lupo, simbolo in cui la band in quegli anni si
identificava totalmente (con un Ribeiro che rilasciava interviste in cui
proclamava i Moonspell “gli autentici lupi di Lusitania”, credendoci
davvero); naif, ma profondamente affascinante, non lo si può negare: anche e
soprattutto considerata la qualità del songwriting.
In coda all’album è infine riproposta Serpent
Angel, unico pezzo registrato dalla band pre-Moonspell, i Morbid God:
si tratta naturalmente di un pezzo ancora più retrò, che anche nella versione
attuale non perde l’alone di ferocia low-fi che la caratterizzava, consacrandosi
probabilmente come il brano più violento mai composto dai Moonspell (se
escludiamo l’altalenante – e molto più tardo – progetto Daemonarch). I
cori di oggi fanno risplendere anche questa canzone, tutt’altro che un
riempitivo per un album nostalgico.
I Moonspell hanno da tempo le idee un po’ confuse,
pur tra risultati non insufficienti (specie ultimamente), e in quest’ottica Under
Satanae è un toccasana, un disco estemporaneo da cui ripartire,
ritrovando la propria vera identità e le proprie basi. Per tutti, questo è un
album da avere, per vivere di nuovo di un periodo magico, o anche solo per
godersi 50 minuti di musica da pelle d’oca. I lupi sono tornati.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Halla alle halla al rabka halla (Praeludium/Incantatum
Solistitium) 02:18
2. Tenebrarum Oratorium (Andamento I/Erudit Compendyum) 06:23 [mp3]
3. Interludium/Incantatum Oequinoctum 01:33
4. Tenebrarum Oratorium (Andamento II/Erotic Compendyum) 06:15
5. Opus Diabolicum (Andamento III/Instrumental Compendyum) 05:08
6. Chorai Lusitânia! (Epilogus/Incantatam Maresia) 01:50
7. Goat on Fire 06:34 [mp3]
8. Ancient Winter Goddess 06:08
9. Wolves from the Fog 07:03
10. Serpent Angel 07:13