Recensione: Under the Influence
La maggior parte dei thrasher americani anni 80 sapeva già ciò che voleva al momento di prendere gli strumenti in mano, un po’ per moda un po’ per l’adrenalina che faceva scorrere nelle vene il contatto con la palpabile fama che si poteva raggiungere. Chi più chi meno ci riuscì, questo è noto.
In quegli anni gli Overkill con Under The Influence rappresentavano un primo necessario e seminale passo di una band in crescita dopo la rottura della prima line-up. Platter che può essere definito l’ultimo della prima era, che aveva già prodotto Feel The Fire (1985) e Taking Over (1987), si fece strada nella scena anche grazie all’espressività del cantante che si colloca come individualità unica del panorama.
Il modus componendi è “ispirato” se si pensa che tali sonorità erano già ampiamente proposte e consolidate dai predecessori, ma la tagliente originalità partorita dalle corde vocali di Ellsworth rende il mix estremamente atmosferico. Il vento che si respira è di puro richiamo a un micidiale mix speed/thrash/core di brani come Mad Gone World e richiami anthraxiani di Never Say Never, in cui si demarca l’autentica matrice speed/thrash americana.
Un’impostazione caratterizzata da battute thrash/core si ripete in Brainfade, che mette in evidenza l’espressività al basso di D.D. Verni nonché comparti ritmici di martellante impatto. Risulta altresì geniale il coraggio di cercare di uscire dagli schemi predeterminati attraverso un primo approccio agli stilemi caratteristici della band: lente e potenti ritmiche cadenzate per cantato tagliente, sebbene il risultato complessivo risulti ancora “primitivo”.
È con Drunken Wisdom che si può percepire forse la prima vera vena creativa degli Overkill, che anticipano le splendide e uniche atmosfere del successivo capolavoro The Years of Decay: un’anticipazione costituita da suoni introspettivi, profondi e freddi, il tutto supportato da riff decelerati secondo quegli schemi tanto ossessivi e volutamente oppressivi che questi artisti sanno riproporre così bene ancora oggi.
End of The Line è invece quanto di più Bay Area contenga il disco: classiche cavalcate e un leggero cantato melodico di bella paternità heavy per poi riapparire nuovamente nello stacco di un armonioso assolo.
La firma di saluto al disco sono 6 minuti e 28 secondi di innovativo e terrificante thrash Bay Area: in questo brano certi personali mood cominciano a prendere forma riprendendo le linee abbozzate in Drunken Wisdom e dando all’ascoltatore la mezza certezza che da lì in poi qualcosa sarebbe cambiato e che i ragazzi newyorkesi ne avrebbero fatta di strada in tal senso.
I dubbi come già detto possono sedimentare sul fatto che il disco sia “studiato” per rincorrere ed agganciare gli ultimi vagoni del treno dell’immortalità, ma questo full-length va assolutamente anche interpretato, a differenza di molte uscite del tempo, come l’attitudine sfrontata a competere per uscire dalla massa di un underground compresso prepotentemente dai grandi del tempo, una sorta di “primitiva sperimentazione” usando i “materiali a disposizione”. Tuttavia possiamo affermare d’esser faccia a faccia col primo gruppo thrash metal che iniziò, grazie alla sua particolarità, il sentiero più impervio che sia mai stato realizzato.
Under The Influence rappresenta la necessaria essenza di un disco nervoso, tagliente sebbene legato fortemente agli schemi del tempo. Un lavoro che rappresenta i primi passi della band e che segna, soprattutto attraverso l’uso dell’high scream di Blitz, il sentiero delle più estreme e terrificanti regioni che il thrash abbia mai percorso.
Nicola “nik76” Furlan
Tracklist:
01 Shred
02 Never say Never
03 Hello from The Gutter
04 Mad Gone World
05 Brainfade
06 Drunken Wisdom
07 End of The Line
08 Head First
09 Overkil III – Under the Influence
