Recensione: Underlying Issues

Di Marco Giono - 11 Dicembre 2015 - 9:57
Underlying Issues
Band: Eldritch
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2015
Nazione:
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80

 

la setta dei neoterici estinti – il diaro di uno di loro

Lo confesso. Al principio ascoltavo solo cose facili. Certo esistono ancora mie foto con la maglietta degli Hammerfall, ma è tutto alle spalle, credetemi. Il progressive è entrato nella mia vita in un’epifania di note trasgressive e colte. Sul caminetto potevate trovarci una copia di “The Raven That Refused to Sing (And the Other Stories)” illuminata a breve distanza dall’aura eterea del maestro Wilson fotografato mentre ci osserva, il suo sguardo rivelatore…rivelava anche in meriggi uggiosi e inerti…
… anche il prog è alle spalle e in fondo si è rivelato eccessivamente leggibile… l’avant-garde era quello che volevo da sempre, perdermi in quelle variazioni che sconfinavano in altri generi senza darti certezze… proprio in quel periodo sono entrato nella setta. Un circolo di eletti che parlava in celtico antico e discuteva solo di gruppi innominabili provenienti da zone innominabili del pianeta, roba complicatissima da pronunciare, i Dummesgarsfaild…
… l’avant-garde estrema è stato quindi il salto definitivo. Contaminazioni esponenziali… rimanere scioccato come Matisse in fronte alle “
Les Demoiselles d’Avignon”, la setta approvava estasiata al mio parallelismo ardito…

Oltre la setta. Mi sento ardito

 

Ad un anno di distanza dall’ottimo “Tasting the Tears” (qui la recensione a dir poco analitica e puntuale) riappaiono gli Eldritch inaspettati, ma certamente benvenuti. Nella loro Toscana, probabilmente all’ombra dei Mori, s’infilano nei loro studi di Livorno a dare vita ad un nuovo album intitolato “Underlying Issues”. Ti aspetti quindi che in fondo sia la stessa cosa, non troppo distante dal precedente. Invece no.  Gli Eldritch deviano leggermente dal cammino, i brani sono costruiti su riffoni che rimandano agli Annihilator e più in generale al thrash metal, sono aggressivi, la voce di Terence Holler diventa contrappunto melodico e segue vie anche inusuali: a volte ci leggi i Queensryche, altre sfuma verso l’AOR, ma più in generale gli Eldritch riescono a mantenere un equilibrio di norma precario tra aggressività e melodia, tra complessità di matrice progressive e linearità di un heavy metal che non si dimentica di essere apocalittico e insensatamente diretto. 
Cercavate un intro evocativo magniloquente? Io no. La prima traccia intitolata “Changing Blood” si svela carica di un’energia straripante. I riff seguono pattern complessi, riuscendo a rimanere in bilico tra la modernità e l’antico splendore. La melodia si ripete ossessiva e funziona grazie alla capacità di Holler di muoversi con destrezza dall’aggressione thrash a vocalizzi melodici. Non mollano di un nulla anche nella successiva “Danger Zone” che si muove per strappi e qui la zona pericolosa esplode in note sincopate e altamente radiottive. Keep Away.

Segue “Broken” che ripete lo schema aggressione/melodia, ma percorre vie più progressive sia nelle nelle linee vocali che nelle atmosfere futuristiche. Nulla da dire. Tre centri chirurgici nel centro del bersaglio. 

Rallentano i tempi nei successivi tre brani, ma non perdono di certo in impatto e la melodia sfiora abilmente l’aor in “All and More”, si materializzano scosse laser in “The Face I Wear” con un coro che ti si stampa in faccia di forza e chiudono con un lento intitolato “To the Moon and Back” che convince grazie anche a ritmiche mai banali.
Con “Bringers of Hate” gli Eldritch ci fanno scuotere la testa generando milioni di frames che si ricompongono in una melodia abrasiva. Il brano assume, come al solito, una profondità che va oltre la semplice combinazione rima/verso grazie ad una struttura che si dispiega in riff ed effetti sonori di grande dinamismo.
Segue “The Light” e qui gli Eldritch…seguono tutti ottimi brani. Credo possa bastare. Ci lasciano atterriti invece di fronte alla violenza della riregistrazioe di “Slowmotion K Us”, tratta da “Portrait of the Abyss Within” del 2004, con quel suo gaudioso assalto alla Overkill funziona non poco. In realtà il brano è come se fosse stato ripulito dalle scorie del tempo per ricollocarsi perfettamente in “Underlying Issues”

Troismi vs Neoterismi

 

Sono ormai trascorsi diversi giorni dalla mia espulsione dai neuterici estinti. Qualcuno mi deve aver visto mentre pogavo con la mia maglietta degli Annihilator ad un concertino di metal rozzo e brutale…Lo ammetto: è stata una liberazione. Tutte quelle citazioni colte, suoni cosmici esistenziali e milioni di generi trasversali. Anche basta… Sul caminetto ora ho risposto una foto di Ozzy che in tutta la sua saggezza ci esorta a tacere e una riproduzione di un mogwai a ricordarci la definitiva vittoria del genere sul male.

 

Conclusione annichilente 

 

Senza perderci in ulteriori vaniloqui. Gli Eldritch hanno scritto un altro ottimo album. A mio modo di vedere non si tratta di progressione rispetto al passato, nemmeno del loro lavoro più maturo, perché il gruppo ha da sempre grandi qualità tecniche e consapevolezza delle proprie capacità, si tratta in realtà di mettere in mostra un altro lato di sè. Probabilmente qui riemerge il loro lato più aggressivo che trova un equilibrio credibile tra i generi: l’heavy metal, il thrash e l’AOR infatti trovano corrispondenza in soluzioni progressive il tutto armonizzato in maniera davvero progevole
In ultimo “Underlying Issues” è semplicemente un album suonato con estrema perizia, dai suoni spledidamente prodotti dal solito Simone Mularoni (l’album è stato mixato e masterizzato ai Domination Studios) e dalla non scontata capacità di sopravvivere all’imperturbabile incedere del tempo.

 

 

MARCO GIONO

 

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