Recensione: Underwater Bells
I friulani Revoltons approdano al terzo full length della carriera traghettati dalla stoica My Graveyard Productions di Giuliano Mazzardi, persona molto incline al supporto delle realtà HM italiane di merito e che proprio per questo possono godere dei servigi dell’etichetta bresciana. Underwater Bells, dalla copertina molto azzeccata, si sviluppa su quindici tracce per una durata complessiva di quasi un’ora di ascolto, con in aggiunta il videoclip del pezzo Death To Leave Eternity, molto ben curato ed estremamente professionale, come l’incluso booklet.
Il cammino del gruppo inizia a livello embrionale nel 1991, sotto forma di cover band, per poi trasformarsi nei veri e propri Revoltons intorno al 1997, nel momento in cui i Nostri si cimentano nella scrittura di pezzi propri. Seguono due demo fra il 2000 e il 2001 e nel 2003 prende forma il debut album, intitolato Night Visions. E’ targato 2007 il seguito Lost Remembrance. Attualmente la formazione schiera Andro(vocals), Alex e Max Corona(guitars), Roberto Sarcina(bass) e Simone Morettin alla batteria. Nonostante veda la luce solo ora, Underwater Bells risale, a livello di registrazione, al maggio 2007, effettuata presso i New Sin Audio Design di Luigi Stefanini, con una line-up leggermente diversa rispetto all’attuale.
L’opener The Pure Soul Cry non lascia dubbi sul contenuto del disco: in mezzo a strutture tipicamente riconducibili all’HM classico duro e puro di matrice americana convivono al meglio soluzioni che si rifanno al passato dei Revoltons, quindi spruzzate di Prog miste a qualcosa di Power, senza per nulla intaccare la possanza dei singoli brani. Il cantato di Adro stupisce per portata e pathos ma è la prova globale di tutto il gruppo che convince, tanto da essere difficilmente catalogabile al primo ascolto né tanto meno riconducibile alla nostra amata penisola per attitudine e atteggiamento. Underwater Bells è un crogiuolo di heavy metal adulto ben suonato e dal “tiro” costante. Se da una parte a volte l’immediatezza dei brani richiede più passaggi per colpire al cuore, la quantità di riff profusa dai due Corona è impressionate per quantità e qualità. Se in Berseker il combo del Vajont richiama i Labyrinth degli inizi, sulla maggior parte dei brani aleggia lo spettro dei Metal Church d’annata, quelli del disco omonimo e del successivo The Dark. Gli unici cali di tensione – peraltro fortemente voluti – sono costituiti dalle strumentali Claylove e Pj, mentre Melting Night gode del cantato di Adro.
Rotten Equilibrium si spinge nella direzione delle soluzioni moderniste dell’HM, senza per questo rinnegare il passato ma, anzi, cementandolo, fungendo da archetipo del convivere, all’interno dei brani di Underwater Bells, fra la lezione degli Annihilator insieme con quelle più recenti di gruppi come Nevermore e Iced Earth. The Last Witch a tratti evoca i Rhapsody Of Fire meno pomposi, l’attacco epico si materializza in Slow Row e Lady Disease costituisce la cavalcata di turno. Ancora HM roccioso anni Ottanta in One And Silence, che fa del melodico refrain il proprio punto di forza, seguono velocità ancora sostenute nella powereggiante Cybertale. Un titolo altisonante come London Fall non poteva deludere, infatti i Revoltons si superano lasciando ai posteri una ballad romantica semplice ma efficace, che si perpetua nella successiva e breve Scanning Horizon. Chiusura a furiosi colpi di maglio con la title track, dal bridge orecchiabile scritto appositamente per essere scandito in fase live, compresi gli “oohh, oohh” finali.
Underwaters Bells è un lavoro originale, trasversale al punto giusto e pregno di spunti interessanti. Costituirebbe peccato mortale snobbarlo.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. The Pure Soul Cry
2. Death To Leave Eternity
3. Berserker
4. Claylove
5. Rotten Equilibrium
6. The Last Witch
7. Pj
8. Slow Row
9. Lady Disease
10. Melting Night
11. One And Silence
12. Cybertale
13. London Fall
14. Scanning Horizon
15. Underwater Bells
Line-up:
Andro: vocals
Alex Corona: guitars
Matt Corona: guitars
Roberto Sarcina: bass
Simone Morettin: drums