Recensione: Underworld
La storia dei Great Master, non inganni l’uscita del debutto nel 2009, inizia ben sedici anni fa, quando il chitarrista Jahn Carlini decide di avvalersi del supporto di Max Bastasi alla voce, dei fratelli Pezzile alla chitarra e al basso e di Paolo Pasqualini alla batteria per dar vita nel 1994 al primo demo Great Master, che riceve buoni consensi di pubblico e anche sulle riviste specializzate. Dopo alcuni concerti nei pub della zona, la band si scioglie per divergenze musicali, ma cinque anni più tardi, con una nuova line-up incidono il secondo promo Great Master.
Dobbiamo appunto aspettare il 2009 per tornare a sentir parlare della band, che nel frattempo ha trovato una formazione stabile e un contratto prestigioso con l’italianissima Underground Symphony. Underworld è quindi ufficialmente il disco d’esordio dei cinque ragazzi veneziani.
Documentandosi sul gruppo si può notare come sia facile imbattersi frequentemente nelle parole “power” ed “epic”, naturalmente riferito al genere proposto. Ciò potrebbe essere confermato dall’artwork colorato e molto fantasy, elemento che spesso aiuta nell’individuare un genere specifico. Tutto questo però conta quanto il due di picche se non si ascolta il contenuto. Ed è qui che voglio arrivare.
Che ci siano svariati elementi power è scontato, ma non lo è che quelli heavy siano quasi più netti e che quelli epic proprio non siano pervenuti. Se le buonissime “Eagles of 20th” e “King of the Night” rappresentano le indiscusse hit del platter, veloci, ben strutturate e maggiormente indirizzate verso un power speed vecchio stampo di matrice tedesca, le varie heavy oriented “Land Of No Return“, “Ghost Ship” e la noiosa strumentale “Millennium” si candidano per essere le peggiori del full-length. Il perchè è da scovare in primis nella poca incisività del songwriting e nella prestazione scadente del singer, che a differenza dei brani più tirati, nei mid tempo ha davvero molte più difficoltà nell’esprimersi, riuscendo addirittura quasi a stonare.
I rimanenti pezzi, a metà strada tra il power e l’heavy, seppur sufficienti, non imprimono sostanza e qualità per dare una spinta all’intero album. Carina la conclusiva “Epilogue“, che non è altro che un rifacimento in semi-ballad della famosa “Canon in D Major” del compositore Johann Pachelbel.
In conclusione, un disco onesto, sudato ma acerbo, con poche idee fresche e tanto materiale su cui lavorare per migliorare, soprattutto sulla voce, in molti frangenti davvero poco incisiva. Anche la produzione non eccellente rende tutto più difficile all’ascolto. Mi sento comunque di incoraggiare i cinque ragazzi per la genuina voglia di esprimere il loro stile. Le capacità non mancano, devono solo essere sfruttate meglio, molto meglio. In bocca al lupo per l’annunciato nuovo lavoro, un concept power epic che spero vivamente possa essere più power epic di Underworld…
Alessio “Alex the MetalKeepeer” Meucci
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Tracklist:
1. Eagles of 20th * MySpace *
2. Land of no Return * MySpace *
3. Ghost Ship * MySpace *
4. The Battle of Lost Heroes
5. Millenium
6. King of the Night
7. Circle of Fairies
8. The Guardian of Signs
9. The Lost Secret …underworld
10. Epilogue
Line-up:
Max Bastasi – Vocals
Gianluca Carlini – Guitar
Marco Petrone – Guitar
Daniele Vanin – Bass
Andrea Dell’Agnolo – Drums