Recensione: Unfading Incorporeal Vacuum
I Sol Sistere arrivano da molto lontano, dalla capitale di un paese ai confini del mondo: Santiago del Cile. Il quartetto sudamericano ha pubblicato, tre anni or sono, un EP intitolato “I” ed ora presentano il vero e proprio debutto discografico con il loro primo full-length “Unfanding Incorporeal Vacuum”. I ragazzi non sono nuovi nel panorama metal, infatti tutti i membri militano, o hanno militato, in altre band quali Bauda, Maleficarium, Knell e Animus Mortis per citarne alcune.
Gli otto brani proposti racchiudono, all’interno della loro anima, un black metal primordiale intriso di atmosfere malinconiche che portano la mente a vagare nell’ignoto di un buio affascinante. Un buio punto dagli aghi luminosi delle stelle che riversano una flebile luce sull’immenso arido deserto di Atacama, il più asciutto del mondo. Ci si addentra così in uno dei luoghi più inospitali per il genere umano, accompagnati da ritmi dilatati e melodie oscure.
In uno stato di totale smarrimento, i bagliori intermittenti della notte fanno affiorare alla mente un’antica leggenda cilena: quella dell’Alicanto. Un uccello mitologico la cui caratteristica è quella di non volare ma possedere ali dai riflessi dorati che risplendono nel buio della notte. Tale peculiarità è dovuta alla sua alimentazione, il volatile si nutre infatti di solo oro e argento. Leggenda narra che seguendo, di nascosto, la luce dell’Alicanto si arriverebbe a giacimenti d’oro. Al contrario, se l’uccello si fosse accorto della presenza umana avrebbe depistato i pedinatori fino a condurli in luoghi pericolosi condannandoli alla morte.
I Sol Sistere hanno dunque la capacità di condurre l’ascoltatore lungo questo percorso estremamente oscuro, attraversato da raffiche di vento taglienti. La ricerca assidua di un bagliore è spesso avvolta da una calma illusoria bruscamente interrotta da sussulti frenetici che, come lame, squarciano un precario senso di pace.
I riff di chitarra, caustici e violenti, vengono sospinti da blast-beats incessanti che proiettano nell’immaginario una corsa delirante verso crudeli miraggi. Improvvisamente tornano le tenebre e ci si sente circondati da gelide atmosfere, lo sguardo rincorre la speranza incastonata nel cielo ma, come gli anelli di Saturno, essa ruota attorno all’Io senza mai sfiorarlo. Un propagarsi di angosciante vuoto cosmico lascia l’individuo in un limbo di rassegnazione che forgia e fortifica l’instabile coscienza. Tutto ciò viene accompagnato da epiche melodie che riprendono le sonorità del death/black svedese sul quale la band cilena erge un tempio post-black da cui professa un tormento sconcertante.
Nel cuore di “Unfanding Incorporeal Vacuum” pulsano gli elementi che costituiscono tutto il territorio cileno: la forza impetuosa dei vulcani, il gelido spirito dei ghiacciai, l’immensità disorientante del deserto, le vibrazioni misteriose dell’Isola di Pasqua e l’imponenza della Cordigliera delle Ande.
Il primo album dei Sol Sistere è un luogo tetro e senza confini, immaginato per ricercare sé stessi, per innalzare emozioni, per aggrapparsi ai sogni ma soprattutto per scovare quell’atteso bagliore che, sono certo, vi porterà dinanzi ad una miniera d’oro.