Recensione: Unisonic

Di Stefano Burini - 17 Giugno 2012 - 0:00
Unisonic
Band: Unisonic
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
80

Unisonic: un nome che ai tanti appassionati di heavy e power metal in giro per il globo non potrà che far venire l’acquolina in bocca al solo pronunciarlo. E sarebbe quasi incredibile, per una band ideata nel 2009 e diventata effettiva un paio d’anni dopo, se dietro a un nome così poco caratterizzante non si celassero i due nomi più famosi della scena power metal teutonica, nientemeno che Kai Hansen e Michael Kiske, con tutto il relativo bagaglio di separazioni, rinnegazioni, collaborazioni e progetti paralleli. Già, perché se ne può parlare fino alla fine dei tempi e nel mentre lo possiamo sentir dire fino allo sfinimento anche dai diretti interessati, tuttavia per quanto gli Unisonic si sforzino (o dicano di sforzarsi) nel trovare una propria identità indipendente, il loro sound sarà sempre e comunque indissolubilmente legato a quello degli Helloween dell’era d’oro.

“Unisonic”, il brano-simbolo, o presunto tale, scelto in fase promozionale data l’omologazione al monicker e al titolo dell’album, a dirla tutta, non era poi così incoraggiante. Discreto, orecchiabile e con un vecchio amico dietro al microfono cui tutti quanti eravamo bendisposti a perdonare allegramente anni e anni di interviste svogliate e di collaborazioni commerciali, pur di risentirlo cantare del buon vecchio heavy metal, eppure fin troppo di mestiere, con assoli addirittura anonimi e l’impressione di correre con il freno a mano a metà corsa.

Tutti questi dubbi, questi timori, vengono letteralmente spazzati via dalla successiva, splendida, “Souls Alive” e, a seguire, da una carrellata di canzoni l’una più bella dell’altra, di quelle che ti fanno sognare ad occhi aperti e tornare ai tempi in cui le le Zucche di Amburgo erano sul podio dei tuoi gruppi preferiti. Pochissimi i cedimenti, forse la sola “I’ve Tried”, leggerissimamente sottotono all’interno di un album di livello medio-alto, e pochissime le incertezze, visto anche il bagaglio di esperienza e i gradi guadagnati sul campo da parte di tutti i musicisti coinvolti. E poi lui, Micheal Kiske, con quella voce, rimasta la stessa di vent’anni fa, cristallizzata nel tempo e nello spazio così come ce la ricordavamo sui pur controversi “Pink Bubbles Go Ape” e “Chameleon”, più matura rispetto ai tempi dei Keeper e oggi come allora a dare il valore aggiunto con i suoi vibrati, gli acuti imprendibili e la pronuncia “maccheronica”.

Il resto è un insperato susseguirsi di riff veloci e ficcanti, assoli super(uni)sonici e ritornelli cantabili all’insegna dell’heavy/power metal teutonico dei primordi, tra chitarre taglienti e progressioni helloweeniane alla vecchia maniera, il tutto senza mai sfondare nell’eccessiva ampollosità di tanti dei troppi epigoni senza talento che un po’ alla volta hanno saturato il mercato negli anni novanta e duemila e (quasi) ucciso la scena. “Never Too Late” rispolvera l’happy metal delle zucche che furono, “Star Rider” è addirittura epica, con il suo refrain marziale e i passaggi strumentali di chiara matrice heavy, mentre con la doppietta “Never Change Me”-”Renegade” gli Unisonic invadono, senza patemi di sorta, i territori melodic rock cari ai Place Vendome. Il songwriting dell’instancabile bassista/compositore/produttore Dennis Ward (qui coadiuvato in più d’un occasione da un Hansen più che mai ispirato e travolgente) pare non conoscere pause, sia che si parli dei Pink Cream 69, dei citati Place Vendome o degli Unisonic; il resto lo fanno le sempre fantastiche linee vocali dell’ormai ex Golden Boy e i turbinanti assoli di memoria AOR/Class ad opera di Kai Hansen e dell’ex Gotthard Mandy Meyer.

La leggera virata verso l’heavy e il power di “My Sanctuary”, modifica leggermente l’ordine di importanza dei fattori senza condizionare la bontà del risultato, esattamente come in “We Rise”, un vero e proprio viaggio nel tempo tra riffing di matrice dannatamente heavy e strofe oscure che spianano la strada ad un ritornello incredibilmente happy, come non ne ascoltavamo da più di due decenni. Tra le scintille di un guitar work più spinto e ritmiche dal tono aggressivo si giunge a “King For A Day“, forse il brano più ambizioso in scaletta con la sua riuscita fusione tra class ottantiano e power metal e al finale affidato all’ipermelodica “No One Sees me”, interamente ad opera di Michael Kiske, la quale pone un degno sigillo su un album insperabilmente fresco e accattivante.

Potrà sembrare una banalità ma se proprio doveva esserci un “Keepers.. Parte III”, suona molto più helloweeniano (ed ispirato) il debutto degli Unisonic di quell’Eredità raccolta da un gruppo che, dopo l’arrivo di Andi Deris, ci ha regalato del power metal di altissimo livello (vedasi gli ottimi “Better Than Raw” e “The Dark Ride”) ma che avrebbe fatto meglio a lasciar riposare in pace i fantasmi di un’epoca e di un suono indissolubilmente legati a due personaggi che hanno chiuso con le zucche da più di vent’anni e che si ripresentano oggi sul mercato discografico, di nuovo insieme e con un album che stra-batte ai punti la somma di tutto quanto partorito  dal 2001 a oggi dalle tre schegge in cui lo specchio si era frantumato all’inizio degli anni ’90.

Stefano Burini

Discutine sul topic relativo!

Tracklist

01. Unisonic   03:26

02. Souls Alive   05:14

03. Never Too Late   04:31

04. I’ve Tried   04:56

05. Star Rider   04:17

06. Never Change Me   03:46

07. Renegade   04:39

08. My Sanctuary   04:16

09. King For A Day   04:07

10. We Rise   04:43

11. No One Ever Sees Me   06:13

 

Line Up

Michael Kiske: Voce

Mandy Meyer: Chitarra

Kai Hansen: Chitarra

Dennis Ward: Basso

Kosta Zafiriou: Batteria

Ultimi album di Unisonic

Band: Unisonic
Genere: Power 
Anno: 2014
82
Band: Unisonic
Genere:
Anno: 2012
80